Guardando Firenze nei particolari da dietro l'obiettivo di una fotocamera.

mercoledì 18 dicembre 2019

Il Palazzo Gianfigliazzi, la contessa d'Albany e Vittorio Alfieri

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Firenze, Lungarno Corsini 2, Palazzo Gianfigliazzi

Nei pressi del Ponte Santa Trinita e Via Tornabuoni, per chi percorre il Lungarno Corsini trova sopra il portone del numero 2 una lapide sulla quale è incisa la seguente dicitura: 


VITTORIO ALFIERI PRINCIPE DELLA TRAGEDIA

PER LA GLORIA E RIGENERAZIONE DELL'ITALIA 

 QUI CON MAGNANIMO ARDIRE MOLTI ANNI DETTO' E MORI'

L'edificio su cui è apposta la targa è quello che già dei Ruggerini (come ci informa il Repertorio delle Architetture Civili di Firenze) e quindi passato ai Fastelli, vanta una prima edificazione trecentesca e quindi una configurazione sotto forma di palazzo attorno alla metà del Quattrocento fu il primo ad essere costruito sull'attuale fronte stradale, fino ad allora caratterizzato da case arretrate e segnate da questo lato da terreni delimitati da bassi muri. Acquistato nel 1460 dai Gianfigliazzi (che in questa zona possedevano numerosi edifici compreso quello attiguo al nostro, attualmente segnato con il numero 4) fu oggetto nel Seicento di un intervento su progetto di Gherardo Silvani, volto ad adeguare il palazzo al gusto del tempo (sua la facciata, il terrazzino e la cappella secondo Filippo Baldinucci). Alla fine del Settecento (1792) fu abitazione della contessa Luisa Stolberg d'Albany: in questo periodo qui furono ospiti Ugo Foscolo, il pittore François-Xavier Fabre, Anne Louise Germaine Necker (Madame de Staël) e Vittorio Alfieri, che vi morì nel 1803. Lo stesso Alfieri descrive la casa come "graziosa, benché piccola, posta al lungarno di Mezzogiorno...". Ancora nei primi decenni dell'Ottocento il palazzo, diviso in appartamenti, risulta affittato a ospiti selezionati, così come è documentato con lo scrittore e storico della letteratura americano George Ticknor, qui nel 1818 e ancora nel 1836. Nuovi e importanti lavori di trasformazione furono promossi nell'Ottocento (un cantiere, presumibilmente diretto dall'architetto Francesco Petrini, è documentato nel 1846), quando l'edificio fu ampliato da entrambi i lati, rialzato e sostanzialmente modificato fino a configurarlo nei termini odierni. Nel 1906 fu restaurata la facciata. Nel 1936 furono allargati tre sporti di negozio. Fino a tutto il 2011 ha ospitato il consolato inglese a Firenze. Sul fronte è uno stemma moderno dei Dainelli da Bagnano. 

Come detto, Vittorio Alfieri morì in questo palazzo nel 1803 ospite della contessa Luisa Stolberg d'Albany. Ma chi era la contessa Luisa Stolberg d'Albany? Nata Louise Maximilienne Caroline Emmanuele di Stolberg-Gedern (Mons, 20 settembre 1752 – Firenze, 29 gennaio 1824) prese il cognome da Carlo Edoardo Stuart, conte d'Albany, cinquantaduenne all'epoca, col quale si sposò, lei ventenne, per procura alla fine di Marzo del 1772 per  poi conoscerlo di persona a metà del mese successivo.  Carlo Edoardo Stuart era il  pretendente giacobita al trono d'Inghilterra, rifugiato esule a Firenze, il quale trovò dimora nel palazzo di San Clemente o Casino Guadagni, detto appunto palazzo del Pretendente, situato in via Pier Antonio Micheli 2 all'angolo con via Gino Capponi 15.
Luisa Stolberg è più conosciuta nella storia della letteratura con il titolo di contessa d'Albany, come intellettuale attiva nei salotti romani, fiorentini e parigini. Rimase vedova di Carlo Edoardo nel 1788. Già nel 1777 la  contessa intratteneva una relazione con Vittorio Alfieri, ventottenne, fu un colpo di fulmine dal loro primo incontro che divenne rapporto stabile a palese alla morte del Pretendente a Parigi fino al 1791, quando la Rivoluzione costringe Luisa e Vittorio a fuggire dalla Francia per tornare a Firenze proprio nel Palazzo Gianfigliazzi. 

Il ritratto che l’Alfieri fa di Luisa nella Vita di Vittorio Alfieri scritta da esso (pubblicata postuma nel 1806, con la falsa data del 1804): 
"Fin dall'estate innanzi, ch'io avea come dissi passato intero a Firenze, mi era, senza ch'io '1 volessi, occorsa più volte agli occhi una gentilissima e bella signora, che per esservi anch'essa forestiera e distinta, non era possibile di non vederla e osservarla; e più ancora impossibile, che osservata e veduta non piacesse ella sommamente a ciascuno... L'impression prima me n'era rimasta negli occhi, e nella mente ad un tempo, piacevolissima. Un dolce focoso negli occhi nerissimi accoppiatesi (che raro adiviene) con candidissima pelle e biondi capelli, davano alla di lei bellezza un risalto, da cui difficile era di non rimanere colpito e conquiso. Età di anni venticinque; molta propensione alle bell'arti e alle lettere; indole d'oro; e, malgrado gli agi di cui abondava, penose e dispiacevoli circostanze domestiche, che poco la lasciavano essere, come il dovea, avventurata e contenta. Troppi pregi eran questi, per affrontarli."

Coordinate:  43°46'11.26"N,  11°15'0.81"E                     Mappe: Google

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domenica 1 dicembre 2019

Le sanzioni minacciate dai Signori Otto nel Seicento



Firenze, Via Gino Capponi, lapide


All'inizio di Via Gino Capponi, all'angolo della Basilica della Santissima Annunziata si trova murata una delle tante lapidi nelle quali si leggono le minacce della magistratura, i Signori Otto di Guardia e Balia. Questi, i  Signori Otto di Guardia e Balia, detti anche più semplicemente Signori Otto, erano un'antica magistratura fiorentina che attendeva agli affari criminali e di polizia della Repubblica di Firenze prima e del granducato poi.
Già nel 1353 era stata data "balia" a otto cittadini perché trovassero il modo di reprimere e punire gli episodi criminali, soprattutto quelli violenti, che avvenivano in città. Gli otto saggi stabilirono che si dovessero nominare quattro ufficiali di polizia ma forestieri, cioè che fossero originari di luoghi posti ad almeno quaranta miglia dalla città, e affidare a ciascuno di loro un notaio e cinquanta famigli, sbirri, che in uniforme avrebbero dovuto pattugliare la città e piantonare le chiese per evitare che i rei vi si rifugiassero e chiedessero diritto d'asilo.
Nella lapide situata dopo le ultime 4 finestre a destra della foto, tra il cartello di divieto di transito e l'angolo della Basilica si legge a fatica e prima che il tempo e le intemperie cancelli tutto definitivamente:

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A DI XXI D'APRILE MDCXIIII
GLI SPETTABILI · SRI. OTTO · DI
BALIA · PROIBISCONO CHE · NO
NSI · FACCIA, SPORCIZE. LVNGO.
LACAPELLA DI SAŇO. BASTO DE
PVCCI · P QUANTO. DVA. DEA. CAP
PELLA SOTTO PENA DI DVA TR-
ATTI DI FVNE E QVATTRO
[ SCUDI ]  OLTRE · ALLA · CATTVRA
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Qualche altra lapide dei Signori Otto era indirizzata esplicitamente contro le signorine che si dedicavano alla 'professione', altre lapidi contro gli schiamazzi, i giochi rumorosi, soprattutto il gioco delle pallottole, contro  chi sporcava le fontane pulendo i calamai o facendo 'brutture' agli angoli più o meno nascosti della pubblica via, nei pressi di chiese e altri luoghi sacri o di proprietà di religiosi, frati, monache.


Coordinate:  43°46'36.15"N,   11°15'40.53"E                   Link diretto Google


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