Firenze, Piazza del Carmine, Cappella Brancacci
L'altro giorno abbiamo fatto cenno alla Cappella Brancacci che si trova all'interno della Basilica di Santa Maria del Carmine. Leggiamo qui sotto la descrizione che troviamo all'entrata.
L'iniziativa di decorare la cappella, fondata dalla famiglia Brancacci nel tardo Trecento, si deve al ricco mercante Felice Brancacci che nel 1423, di ritorno dall'Egitto, commissiona l'esecuzione degli affreschi. Alle Storie di San Pietro, santo a cui era in origine intitolata la cappella, lavorano insieme Masolino (1383 – 1440 circa) e Masaccio (1401 – 1428); a causa della partenza del primo per l'Ungheria e del secondo per Roma, nel 1427 gli affreschi rimangono però incompiuti. In seguito all'esilio del Brancacci (1436), caduto in disgrazia per le sue simpatie antimedicee, i frati del convento fanno cancellare i ritratti di tutti i personaggi legati alla sua famiglia e nel 1460 intitolano la cappella alla Madonna del Popolo, inserendovi la venerata tavola duecentesca. Soltanto negli anni 1481-1483
Filippino Lippi (1457 – 1504)
effettuerà il ripristino e il completamento delle scene mancanti. I dipinti rischiano più volte di andare perduti: nel 1680 la Granduchessa Vittoria della Rovere si oppone al proposito del marchese Ferroni di trasformare la cappella in stile barocco, ma alla metà del Settecento vengono effettuati interventi di ammodernamento che distruggono le pitture della volta e delle lunette. Scampata all'incendio che nel 1771 devasta l'interno della chiesa, la cappella è acquistata nel 1780 dai Riccardi, che rinnovano altare e pavimento. Gli affreschi, trascurati per tutto l'Ottocento, vengono sottoposti a spolveratura nel 1904; l'intervento di restauro effettuato negli anni Ottanta del Novecento ha finalmente permesso di recuperare la loro limpida e brillante cromia.
Masaccio, Masolino e Filippino Lippi
Quando, nel 1423, vengono commissionati gli affreschi della Cappella Brancacci, Masolino aveva quarant'anni e Masaccio ventidue, A lungo si è ritenuto che fossero maestro e discepolo, prestando fede alla tradizione; in verità Masaccio era già immatricolato all'Arte dal l422 ed eseguì per il Carmine, in autonomia, anche l'affresco con San Paolo e la famosa Sagra (entrambi perduti).
Forse i due pittori erano legati da un affiatato sodalizio, come dimostra l'esito coerente e armonioso del ciclo,eseguito in collaborazione. In questi affreschi Masolino, maestro di squisita cultura tardogotica, intona il suo stile a quello del giovane e innovativo collega, pur mantenendo un tocco decorativo e raffinato.
Più potente appare la pittura di Masaccio , popolata da figure di solido impianto plastico inserite in uno spazio realistico e segnata da un profondo, quasi tragico, senso di dignità morale. L'impianto prospettico conferisce una straordinaria unità visiva all'insieme dei dipinti, la cui veridicità è accresciuta dall'individuazione di una fonte di luce capace di proiettare le ombre dei personaggi. A terminare l'incompiuta decorazione verrà chiamato, negli anni 1481-1483, un artista rinascimentale di notevole caratura: Filippino Lippi. Il suo sobrio e rispettoso intervento, intonato alla pittura dei suoi predecessori, contribuisce a conferire alla Cappella Masaccio il senso di omogeneità stilistica che la caratterizza, al punto che risulta difficile individuare con sicurezza il contributo dei singoli maestri.
Quando, nel 1423, vengono commissionati gli affreschi della Cappella Brancacci, Masolino aveva quarant'anni e Masaccio ventidue, A lungo si è ritenuto che fossero maestro e discepolo, prestando fede alla tradizione; in verità Masaccio era già immatricolato all'Arte dal l422 ed eseguì per il Carmine, in autonomia, anche l'affresco con San Paolo e la famosa Sagra (entrambi perduti).
Forse i due pittori erano legati da un affiatato sodalizio, come dimostra l'esito coerente e armonioso del ciclo,eseguito in collaborazione. In questi affreschi Masolino, maestro di squisita cultura tardogotica, intona il suo stile a quello del giovane e innovativo collega, pur mantenendo un tocco decorativo e raffinato.
Più potente appare la pittura di Masaccio , popolata da figure di solido impianto plastico inserite in uno spazio realistico e segnata da un profondo, quasi tragico, senso di dignità morale. L'impianto prospettico conferisce una straordinaria unità visiva all'insieme dei dipinti, la cui veridicità è accresciuta dall'individuazione di una fonte di luce capace di proiettare le ombre dei personaggi. A terminare l'incompiuta decorazione verrà chiamato, negli anni 1481-1483, un artista rinascimentale di notevole caratura: Filippino Lippi. Il suo sobrio e rispettoso intervento, intonato alla pittura dei suoi predecessori, contribuisce a conferire alla Cappella Masaccio il senso di omogeneità stilistica che la caratterizza, al punto che risulta difficile individuare con sicurezza il contributo dei singoli maestri.
Qui nella foto vediamo una parete della cappella dove è riconoscibile una immagine che chissà quante volte abbiamo visto nei libri. E' in alto a destra, La tentazione di Adamo e Eva di
Masolino, tra gli altri Affreschi, in alto 'La guarigione dello zoppo e la resurrezione di Tabita' di
Masolino
e in basso 'La disputa dei Santi Pietro e Paolo con Simone Mago e la crocifissione di San Pietro di
Filippino Lippi. Fa coppia con l'altro affresco, delle stesse dimensioni nella stessa parete ma a sinistra, di
Masaccio
'La cacciata di Adamo ed Eva da Paradiso terrestre', qui sotto riportato.
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