Guardando Firenze nei particolari da dietro l'obiettivo di una fotocamera.

mercoledì 24 ottobre 2018

Piazza Padella e lo stemma della famiglia Pasquali





Firenze, via dei Rondinelli e via degli Agli

Lo stemma della famiglia Pasquali "d'azzurro, al cervo rampante d'argento, avente fra le zampe anteriori una stella a otto punte d'oro", tridimensionale, qui raffigurato, in quanto scolpito in pietra serena, posizionato sullo spigolo del palazzo che si trova tra via dei Rondinelli e via degli AgliI Pasquali, la cui presenza a Firenze è attestata nella prima metà del Trecento, vengono fatti risalire a Tommaso e Francesco figli di Pasquale. I mestieri esercitati tradizionalmente dai membri della famiglia Pasquali furono quelli di barbiere, cerusico e medico.
Il palazzo fa angolo con piazza degli Antinori e prosegue lungo via degli Agli. Nella sua attuale configurazione l'edificio fu definito sotto il granduca Cosimo I  (Firenze, 1519 – 1574) per Giovanni Pasquali, medico della famiglia Medici, inglobando o comunque occupando un'area dove erano già due antiche case proprietà degli Aldobrandini di Lippo, passate ai Venturi nel 1457, quindi ai Petrini nel 1541 e, grazie al matrimonio di Lucrezia Petrini con Giovanni Pasquali, a quest'ultima famiglia. (Repertorio delle architetture civili di Firenze).


L'antica Piazza Padella
Questa piazza, ora del tutto sparita e convertita in tanti chiassoli, quali sono quelli dietro il palazzo Pasquali nella via teatina che porta al giardino Orlandini, si estese un tempo per tutto lo spazio occupato dal convento dei Teatini, nel quale fu in gran parte occupata per volere di Ferdinando I [Firenze, 1549 – 1609]. - Il Vasari [Arezzo, 1511 – 1574] nomina questa piazza parlando, nella via di Lapo, dell'innovazione della chiesa di S. Michele e Gaetano - Il Migliore dice che la Repubblica avea decretato nel 1329 tenervi quivi un postribolo, ma quel decreto non ebbe effetto e fu di poca durata, perchè l'Ammirato scrive che nell'anno 1486 nelle nozze di Lorenzo Tornabuoni con Giovanna di Maso degli Albizzi, ballarono sulla piazza Padella cento delle prime Gentildonne di Firenze. - Al certo quella illustre famiglia, che qui prossime avea le case, non avrebbe prescelto questo luogo se fino allo stato fosse un pubblico postribolo.
Da "Il Fiorentino istruito nelle cose della sua patria - Calendario per l'anno 1847" - Cavagna Sangiuliani di Gualdana, Antonio, conte.


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venerdì 19 ottobre 2018

La statua dell'Abbondanza in Boboli






"... Fa centro il fonte ad un piano praticabile, intorno a cui come in teatrale recinto, vedonsi in acconcia maniera e simetrica, tenute dall' arte quattro ripide collinette vestite d'erbe e fiori campestri, e vario-coloriti licheni. Servono esse di margine a sei piani, che van parimente in giro a diverse altezze, tenuti in parte a guisa di prati naturali, in parte con variatissime specie d'alberi, e in parte a foggia di domestiche vigne. Lo stradone interrotto dal gran vivajo, che pur coincide colla linea centrale al Palazzo, prosegue dopo il descritto piano con tre spaziose scalinate, che accompagnando il pendìo delle collinette conducono ad altra men ripida pendice, che finisce col Giardino e colle Mura della Città. 

Ha termine la pendice ove si erge maestosa su gran piedestallo corintio la colossale statua dell'Abbondanza, facendo anche essa prospetto al gran Cortile de' Pitti, e campeggiando in uno spazioso gruppo di lecci, che quasi per metà la circondano a qualche distanza. Lo scultore Giov. Bologna  (Jean de Boulogne, Douai, 1529 – Firenze, 1608) la incominciò, ma cessato di vivere nel 16o8, e lasciatala imperfetta, fu terminata da Pietro Tacca  (Carrara 1577 – Firenze 1640) di lui scolare. Par che a tale effetto si valesse molto dell'opera di Sebastiano Salvini. 

Destinata in origine a rappresentare la Regina Giovanna d'Austria moglie del G. Duca Francesco I (Firenze, 1549 – 1609), e quindi per varie vicende mutato il progetto, con la giunta di alcuni attributi fu cambiala in una Abbondanza, ed in occasione delle nozze di Ferdinando II colla Principessa Vittoria della Rovere, fu inalzata nel 1636, dov' è presentemente, rammentandolo l'iscrizione del Piedestallo, che ancor palesa esservi stata posta in memoria della prosperità goduta dalla Toscana sotto il governo di Ferdinando II, mentre quasi tutta l'Europa era afflitta da miserie e   a guerra. 




Prendendo il cammino a sinistra si trovano coltivazioni amenissime di pomari, di vigne, di campi tenuti all'uso Toscano, che danno la vera idea della nostra maniera di coltivare. Le cortine della fortezza di Belvedere, alcune muraglie di confine a levante, e una gran porzione di bosco naturale, contornano i campi indicati. Risiede in mezzo ad essi, ed in eminenza a guisa delle nostre Ville di campagna, un galante Casino, che vien detto comunemente il Caffeaos: voce che vien dal tedesco, quasi dicesse la casa del Caffé [Kaffeehaus]. Vi è sottoposta una grotticella formata di massi irregolari, da' quali cade uno stillicidio d'acqua, che par veramente naturale d'un luogo umido...."

Da "Descrizione del Giardino Reale detto di Boboli - Francesco Maria Soldini - 1789 - Pagina 22  


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lunedì 8 ottobre 2018

Il Putto con Delfino del Verrocchio





Firenze, Palazzo Vecchio, Cortile di Michelozzo

VITA DI ANDREA DEL VERROCCHIO
pittore, scultore ED ARCHITETTO FIORENTINO. 

Andrea del Verrocchio [Firenze, tra il 1474 e il 1437  - Venezia, 1488)], fiorentino, fu nei tempi suoi orefice, prospettivo, scultore, intagliatore, pittore e musico. Ma in vero, nell'arte della scultura e pittura ebbe la maniera alquanto dura e crudetta, come quello che con infinito studio se la guadagnò più che col benefizio o facilità della natura. La qual facilità sebben gli fusse tanto mancata quanto gli avanzò studio e diligenza, sarebbe stato in queste arti eccellentissimo, le quali a una somma perfezione vorrebbono congiunto studio e natura ; e dove l'un de' due manca, rade volte si perviene al colmo; sebben lo studio ne porta seco la maggior parte, il quale perchè fu in Andrea, quanto in alcuno altro mai, grandissimo, si mette tra i rari ed eccellenti artefici dell'arte nostra.



...
Fece anco a Lorenzo de' Medici (1449 - 1492) per la fonte della villa a Careggi un putto di bronzo che strozza un pesce, il quale ha fatto porre, come oggi si vede, il signor Duca Cosimo alla fonte che è nel cortile del suo palazzo [Palazzo Vecchio], il qual putto è veramente maraviglioso.
Quel vezzosissimo fanciullo alato tiene sotto il braccio e stringe al corpo un giovine delfino che vigorosamente si dibatte, e dalle cui narici zampilla l'acqua. Non si può vedere cosa più gaia, nè più vivace della espressione del volto e della movenza di questo putto, nè è  facile tra i getti moderni incontrare uno sì ben trattato nella materia, e che sia come questo di uno stile degno da servir di modello. Con tutto che la movenza appaia  mezzo volante, mezzo slanciantesi, pure ben si vede che il gruppo da più parti sporgente, riposa sempre sul proprio centro di gravità. Con felice accorgimento l'artefice  rivestì il putto di una rotonda pienezza, e dette al pesce ed alle ali, che sono le parti più rilevate, una certa acutezza di angoli. Questa stupenda opera nel rinettamento dei tubi della fontana, è stata sgraziatamente spogliata della bella patina di cui il tempo l'aveva ricoperta; onde son derivate certe durezze, che i futuri ammiratori  attribuiranno, non già all'artefice, ma all' artistica baro barie del nostri tempi.

Da Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori -  Giorgio Vasari (Arezzo, 30 luglio 1511 – Firenze, 27 giugno 1574) Prima pubblicazione: 1550



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lunedì 1 ottobre 2018

Il furgone Citroën di Marina





Firenze, Palazzo Strozzi

Nel cortile di Palazzo Strozzi è parcheggiato il furgone Citroën in cui  Marina Abramović (Belgrado, 30 novembre 1946) ha  vissuto con l’artista tedesco Ulay con cui nasce un rapporto sentimentale e professionale nel 1975. 
Dal 21 settembre 2018 al 20 gennaio 2019 Palazzo Strozzi ospita una grande mostra dedicata a Marina Abramović, una delle personalità più celebri e controverse dell’arte contemporanea, che con le sue opere ha rivoluzionato l’idea di performance mettendo alla prova il proprio corpo, i suoi limiti e le sue potenzialità di espressione. L’evento si pone come una straordinaria retrospettiva che riunisce oltre 100 opere offrendo una panoramica sui lavori più famosi della sua carriera, dagli anni Sessanta agli anni Duemila, attraverso video, fotografie, dipinti, oggetti, installazioni e la riesecuzione dal vivo di sue celebri performance attraverso un gruppo di performer specificatamente formati e selezionati in occasione della mostra.



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