Firenze, a Palazzo Vecchio, Sala Leone X
Ci siamo già soffermati una volta sull'affresco monocromo dipinto da Giorgio Vasari (1511 – 1574) nella Sala Leone X a Palazzo Vecchio, per un curioso atteggiamento difficilmente riscontrabile nella storia della pittura. Rivediamo l'opera nella sua completezza in alto.
Questa volta puntiamo la nostra attenzione su l'espressione di un malcostume che rimane invariato nei secoli e nei millenni (vedere Pompei), lo scrivere o il graffiare sui muri, sulle pareti, ed ogni altra opera d'arte per rendere immortale il proprio nome o meglio la propria incommensurabile scempiaggine, Anche su questo affresco si manifesta l'idiozia con incisioni procurate con uno strumento appuntito, chiodo o temperino che sia, su un'opera del Vasari.
Nella foto che segue vediamo in alto a sinistra le sciocche graffature di un certo Joseph (lenbirro?) e da Ferinando Carpetin con tanto di data 1604 o 16-04 .
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Più complessa è l'altra incisione che compone una specie di una non identificabile fortezza con bastioni e masti proprio al centro del particolare della foto sottostante. Un altro nome poco leggibile sul basamento del David e un'altra incisione a destra altrettanto illeggibile.
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Come recita la presentazione del sito museale di Firenze ll protagonista della sala Leone X – dipinta da Giorgio Vasari, Giovanni Stradano (Bruges, 1523 – Firenze, 1605) e Marco da Faenza, decorata da stucchi dorati di Leonardo Ricciarelli e Giovanni Boscoli e ornata dal pavimento intarsiato di Santi di Buglioni ( 1494 – 1576) – è Giovanni, figlio di Lorenzo il Magnifico, divenuto Papa nel 1513 con il nome di Leone X. L'elezione al soglio pontificio è ricordata da un dipinto del soffitto, dove viene rappresentato il momento in cui riceve la tiara pontificia in San Giovanni in Laterano a Roma. Sulla parete sottostante Leone X entra trionfalmente a Firenze, due anni dopo, nel 1515. Le gesta di Giovanni de’ Medici decorano tutta la sala: battaglie, fughe e vittorie, trattative e cerimonie. "
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