Guardando Firenze nei particolari da dietro l'obiettivo di una fotocamera.

giovedì 31 dicembre 2015

Crocifisso di Ognissanti

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Firenze, Chiesa di Ognissanti

Si entra nella chiesa d'Ognissanti sapendo che qui sono presenti opere d'arte di grandi artisti e tombe di tanti grandi e noti personaggi del passato, da Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi (Firenze, 1445 – 1510), meglio conosciuto come Sandro Botticelli, a Amerigo Vespucci  (Firenze 1454 - 1512), colui che dette il nome all'America, da Simonetta Vespucci (nata Cattaneo; ca. 1453 – 1476), ispiratrice di tanti quadri del Botticelli (come La Nascita di Venere e La Primavera)), a  Carolina Bonaparte (Ajaccio, 1782 – Firenze, 1839) moglie del Re delle Due Sicilie Gioacchino Murat, e tanti altri noti e meno noti. 
Ma ciò che colpisce di di più, tra tanta magnificenza di marmi policromi e ori, tele e affreschi, stucchi, volte e colonne, è il Crocifisso di 453 x 360 cm che risalta sullo sfondo in penombra, illuminato sapientemente tra gli archi del transetto di sinistra. E' un'opera attribuita per decenni, ma oramai quasi certa, a Giotto di Bondone (Vespignano, 1267 circa – 1337).  Leggiamo nella presentazione al restauro effettuato dall'Opificio delle Pietre Dure: "Il dipinto raffigura il Crocifisso secondo il tipo iconografico del Christus patiens, che si era affermato nel corso del Duecento in Toscana per influsso bizantino (da Giunta Pisano a Cimabue), nella versione però di totale umanizzazione della figura che lo stesso Giotto aveva inventato nella Croce giovanile di Santa Maria Novella (ca. 1285-90). Nei quadrilobi troviamo ai lati i due dolenti, la Vergine e San Giovanni, ed in alto il Redentore benedicente. E’ invece andato perduto in basso il piede trapezoidale che costituiva il necessario appoggio dell'opera e che verosimilmente raffigurava, secondo l'invenzione del Maestro, il Golgota con il teschio d'Adamo. La grande Croce era collocata sul tramezzo della chiesa fiorentina di Ognissanti, appartenente al tempo all'ordine degli Umiliati, insieme ad altre opere dell'artista quali la celebre Maestà, oggi agli Uffizi, e alla piccola tavola con la Dormitio Virginis attualmente a Berlino."

Coordinate:   43°46'21.89"N,  11°14'46.16"E                     Mappe: Google - Bing




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lunedì 28 dicembre 2015

Una scala nel cortile

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Firenze, Palazzo Strozzi, cortile

"L'arte contemporanea invade il cortile dì Palazzo Strozzi con la monumentale installazione Untitled (Project for Etchigo-Tsumari) dell'artista italiana Paola Pivi: uno coloratissima scala gonfiabile di oltre 20 metri di altezza che porta all'estremo il confronto tra antico e contemporaneo nel cortile rinascimentale del palazzo.
Quasi come in un paradossale "realismo magico", le opere di Paola Pivi sono tentativi di alterare la percezione ordinaria della realtà. Elementi comuni del lavoro dell'artista sono oggetti, animali o persone che, attraverso un cambiamento di contesto, dimensione o posizionamento, perdono ti toro significato originale e conducono in un mondo bizzarro e stravagante. Svuotata dì qualsiasi funzione pratica, sovradìmensionata, temporanea, fuori contesto, lo scala dì Paola Pivi diventa lo strumento di una salita non più fìsica ma metaforica dello sguardo e dell* emozioni del pubblico. L'artista crea uno shock convenzioni dello spazio e da luogo o nuovi e inaspettati significati."



Coordinate:  43°46'16.73"N,  11°15'6.79"E                 Mappe:   Google   -   Bing



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giovedì 24 dicembre 2015

I putti di Palazzo Quaratesi

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Firenze, via di San Niccolò

L'edificio nasce nel Quattrocento, per accorpamento di case corti mercantili preesistenti, come indica tra l'altro il portone vistosamente decentrato e la scansione delle finestre sul fronte, con una vistosa pausa tra il terzo e il quarto asse evidentemente causata da vincoli imposti dalle più antiche fabbriche. Lo si incontra passando da via di San Niccolò per andare, attraverso Piazza de' Mozzi, in via de' Bardi per sboccare infine a Ponte Vecchio. Si fa notare, il palazzo, per un alto fregio con festoni di foglie legati da nastri svolazzanti e sostenuti da sei puttini. Le quattro finestre al secondo piano mostrano ulteriori putti alati sempre reggenti ghirlande e, alle estremità, due scudi con l’arme dei Quaratesi (troncato d'azzurro e d'oro, all'aquila dal volo abbassato d'argento nel primo, sostenuta dalla partizione), a dichiarare la committenza dell'opera. Tra le finestre sono lesene corinzie (due tra il terzo e il quarto asse, a compensare il diverso intervallo) che proseguono anche al piano superiore, in ambedue i casi sorreggendo un architrave con un fregio ad ovoli su dentelli. Già indicati dalla letteratura del primo Novecento come opera di Andrea Feltrini (Firenze 1477 - 1548) e avvicinati a quelli del palazzo Lenzi Quaratesi di piazza Ognissanti, i graffiti pongono come consueto il problema di quanto sia giunto al nostro giorno di materia originale: nel 1911 il palazzo era segnalato in uno stato di estremo degrado, comunque con graffiti ancora discretamente leggibili; su questi si intervenne nel 1912.
I Quaratesi, originari di Quaranta nella Potesteria del Galluzzo, vennero ad abitare in Firenze nel Borgo di S. Niccolò, ove costruirono le loro case nelle quali i Bardi trovaron salvezza in occasione dell'assedio del 1343. In seguito possedettero anche il palazzo fatto costruire dei Pazzi, su disegno del Brunelleschi, in via del Proconsolo, quello già dei Busini in piazza d'Ognissanti.



Coordinate:  43°45'52.28"N,  11°15'32.21"E                      Mappe: Google - Bing




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lunedì 21 dicembre 2015

Le arti dell'Arcone

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Firenze, Piazza della Repubblica

Stanno lassù in  Piazza della Repubblica, piantate da oltre un secolo, quattro statue delle 'arti belle'. La prima ha in mano il martello e lo scalpello, la seconda il pennello e la tavolozza, la lira la terza, la matita e il taccuino la quara. A sinistra,  le prime due,  scultura e pittura, opere di Vincenzo Rosignoli (Assisi, 1856 – 1920), sono raffigurate nella foto in alto, mentre la musica e pittura si devono immaginare a destra. E' il grande Arcone, dell'architetto Vincenzo Micheli (Modena, 1833 – 1905) del 1895, che le sostiene e le mette in mostra tra cielo e terra, dono tra il divino spirito e l'umano ingegno.


Coordinate:  43°46'17.00"N,  11°15'12.72"E                      Mappe:  Google - Bing




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giovedì 17 dicembre 2015

Il fregio di via dei Bardi

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Firenze, via dei Bardi

Entrando in Via de' Bardi provenendo dal Ponte Vecchio, troviamo una casa abbastanza anonima tra tanti palazzi posseduti da nobili e ricche famiglie fiorentine, Bardi, di fronte a Palazzo Piccolomini, non distante da Palazzo Capponi delle Rovinate e Palazzo Canigiani. Situato a sinistra della via si fa notare, per chi non è distratto da altro ed è attento osservatore, per un fregio sopra ad un ingresso e una finestra. Un fregio in bassorilievo con figure di fattura antica. Che sarà mai? Leggiamo cosa ci racconta Guido Carocci (Firenze 1851 - 1916).  

"...Rammenterò qui; perché mi torna opportuno, come lo rammentai sul mio libro intitolato // Mercato Vecchio di Firenze (i) un ricordo che figura tra gli spogli preziosissimi di Leopoldo Del Migliore. Nel 1581, nello affondare un antico pozzo in Piazza della Luna, posta dietro all'antica chiesa di S. Maria in Campidoglio, si rinvennero : una bella testa di statua romana, dei frammenti di ornati ed un fregio bellissimo che il sig. Carlo Del Nero [copista ?] fece poi collocare all'esterno di una sua casa in Via de' Bardi, vicino al palazzo Capponi; e tuttora vi si vede..."
Da Il Ghetto di Firenze di  Guido Carocci  Pagg. 12 - 13


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Coordinate:  43°45'59.09"N,  11°15'18.93"E                                 Mappe: Google - Bing


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lunedì 14 dicembre 2015

Dentro e fuori dell'immaginaria valigia ripiena di ricordi

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Firenze, Giardino delle Rose

Il Giardino delle Rose, sotto il Piazzale Michelangelo, è sempre pieno di meraviglie. Dalla fioritura delle rose ampiamente fuori stagione, il che non è un buon segno per i cambiamenti climatici, ai panorami che offre sopra la città.

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La valigia di Folon (Uccle, 1934 – 2005)  racchiude uno scorcio brumoso invernale di luce soffusa nel tiepido mezzogiorno fiorentino. Riempiamo la valigia dei ricordi fiorentini e portiamola sempre con noi. 


Coordinate:  43°45'55.29"N,  11°15'17.72"E                      Mappe: Google - Bing




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giovedì 10 dicembre 2015

Un pezzo della Dolce Vita a Firenze

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Firenze, Piazzale degli Uffizi

Straordinaria mostra all'aperto, al Piazzale degli Uffizi, delle auto e moto che sono state protagoniste d'eccezione in alcuni film cult del recente passato. Qui sopra nella foto è la Triumph TR3 interprete non recitante ne 'La Dolce Vita' di Federico Fellini del 1960. Accanto ad essa abbiamo visto, fra le altre, la Ford Gran Torino della serie televisiva Starsky & Hutch, L'Alfa Romeo Duetto de 'Il Laureato', il Chopper Harley Davidson di 'Easy Rider', l'altra  Harley Davidson di 'Un Americano a Roma' cavalcata dal grande Alberto Sordi e quella del 'Vigile',  ed ancora  l' Harley Davidson di 'Giù la Testa', la guzzi Sport Sider di 'Don Camillo e i Giovani', per finire con la Guzzi S Side de 'Il Federale' con Ugo Tognazzi e l'indimenticabile battuta 'buca con acqua'. 

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Coordinate:   43°46'4.84"N,  11°15'19.42"E                     Mappe: Google - Bing




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lunedì 7 dicembre 2015

Arpie toscane

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Firenze, Piazza della Santissima Annunziata

Abbiamo già conosciuto le opere di Pietro Tacca (Carrara 1577 – Firenze 1640) presenti qui nella piazza  della Santissima Annunziata e altrove (Porcellino). Nato a Carrara da famiglia benestante. Pietro si innamorò dell'arte del disegnare e modellare accrescendo particolarmente questo suo amore quando ebbe l'avventura di restare rinchiuso, giovinetto, per una notte intera, nello studio di alcuni scultori  nella sua città natale, passando il tempo a copiare i lavori che qui erano raccolti : "... contento di sua disgrazia andava consumando quel giorno modellando, o scolpendo ". Si racconta che un amico di famiglia, "scultore, Jacopo Piccardi maestro scarpello da Rovezzano",  intercedesse affinché il Giambologna  (Jean de Boulogne, Douai, 1529 – Firenze, 1608)  lo accogliesse tra i suoi discepoli a Firenze- Grazie agli insegnamenti di questo grande maestro cominciò la sua fortunata carriera, essendo richiesto dai Granduchi fiorentini, dai Savoia, dal re di Francia, dal re di Spagna ecc.

"... dichiarò, che da indi innanzi dovesse la solita provvisione già assegnatagli servire per solo suo trattenimento a quella Corte, e che ogni opera, che e’ fosse per condurre dovesse essergli pagata per istima di periti, siccome troviamo, che fu dipoi sempre praticato particolarmente nelle due fonti di metallo destinate situarsi in sul molo di Livorno presso alli soprannotati colossi, per far acqua alle galere; al che essendosi per ragioni che a noi non sono note forte apposto, e contro il gusto del Tacca Andrea Arrighetti provveditore delle fortezze, e soprintendente delle fabbriche, fu poi dato loro luogo in Firenze, in sulla piazza della Santissima Nunziata ..... Ridusse anche a bella pratica il gettare di pezzi, e particolarmente nell’ occasione d’ incontrarsi certi sottosquadri, ne’ quali difficil cosa è il lavorare, e rinettare. e cosi gettando quelle parti spiccate con aggiungervi poi nuovo getto le commetteva, Usò sifatte diligenze , ed artifizj in ogni sua opera, ma particolarmente nel sopraddetto cavallo per Ispagna, e nell’ Arpie delle fonti della Nunziata, nelle quali le ritorte code son gettate di per se, e poi attaccate; onde è che a chi tal cosa non è nota fa parere impossibile, che elle possano essere state lavorate, e rinette in ogni parte con tanta pulitezza; inventò anche non più usate composizioni per far le forme per gettare il metallo, ed in somma tale fu la sua perizia in questo particolare del Getto, che trovandosi egli in Roma nella compagnia di S. Benedetto l’anno del Giubbileo 1625. abboccatosi col Bernino, assai notizie gli diede intorno a ciò, le quali da quel grande artefice furon molto gradite .... E finalmente Bartolommeo Salvini e Francesco Maria Bandini, che del 1627 si trovarono a dar principio all’ Arpie per le fonti di Livorno, che poi furon poste a Firenze nella piazza della Santissima Annunziata, come sopra accennammo..."

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"... Fra l’ altre cose di grande importanza, nelle quali con disegno, modello, e direzione del maestro, incominciò ad avere buona parte l’operazione del Tacca, fu il gran cavallo di bronzo per collocarsi in piazza della Santissima Nunziata; modellato cioè il cavallo da Gian Bologna nel 1601 e poi gettato nel 1603 e la statua del Gran Duca Ferdinando Primo modellata dal medesimo, e gettata nel 1605 e poi del 1608 pochi mesi dopo la morte del maestro, posto il tutto a luogo suo...."

Da Opere di Filippo Baldinucci: Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua - Di Filippo Baldinucci (1665-1717), Domenico Maria Manni (1690 – 1788) -  Edizione 1812



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giovedì 3 dicembre 2015

Rotonda Brunelleschi

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Firenze, via degli Alfani / via del  Castellaccio

La Rotonda del Brunelleschi (Firenze, 1377 - 1446) è conosciuta con altre denominazioni: Rotonda di Santa Maria degli Angioli, tempio degli Scolari, Castellaccio. 

"... Finalmente resta da osservarsi il principio di un Tempio dalla banda di Ponente sull'angolo del Castellaccio. Conviene ancor qui sentire il Vasari, che dice . „ Fece ( Filippo Brunellesco ) il modello del bizzarrissimo Tempio degli Angeli, per la nobile Famiglia degli Scolari, il quale rimase imperfetto, e nella maniera che oggi si vede, per avere i Fiorentini spesi i denari, che perciò erano in sul Monte, in alcuni bisogni della Città , o come alcuni dicono nella guerra, che già ebbero co' Lucchesi, nella quale spesero ancora i denari, che similmente erano stati lasciati per la Sapienza, da Niccolò da Uzzano  (Firenze, 1359 – 1431). E nel vero, se questo Tempio degli Angeli si finiva, secondo il modello del Brunellesco, egli era delle più rare cose d'Italia, perciocché quello che se ne vede, non si può lodare a bastanza. Le carte della Pianta, e del finimento del quale Tempio a otto facce, di mano di Filippo, è nel nostro Libro, con altri disegni del medesimo.„ Ora devesi sapere in schiarimento di quanto dice il Vasari, che Matteo di Stefano delli Scolari Cavaliere e Despoto di Rascia, dice il Migliore, aveva con suo Testamento dell' anno 1426. fatto nella Città di Varadino, disposto che si dovesse erigere un Monastero all' Ordine di Camaldoli; e similmente Andrea di Filippo Scolari Vescovo di quella Città un altro della stessa Regola; e siccome l' esecuzione di ciò fu lasciata a Pippo Spano delli Scolari Conte di Temesvar, egli che dovè tornare in Ungheria ne assegnò la cura all' Università de' Mercatanti detta di Calimala; questi Consoli considerata però la spesa nel fare due edifizi di tanto rilievo, e che il danaro assegnato non era bastante , ottennero da Papa Martino V. , per mezzo di D. Ambrogio Generale de' Camaldolesi, la dispensa, che in vece di due Monasteri si formasse un sacro Tempio con la massima decenza, e così fu principiato il suddetto Tempio, come dice il Vasari , e che porta altresì la causa dell' essere rimasto imperfetto . Perché si mantenga la memoria di questa magnifica Fabbrica, diremo, che doveva essere di forma ottagona, da collocarsi in ciascheduno de' lati una Cappella, e che il diametro suo si distendesse 30. braccia, e dal piano alla sommità , che si doveva serrare a cupola con lanterna sopra, si sarebbe alzata fino in 46.
Vi è ricordo che il Gran-Duca Cosimo I. ebbe in pensiero di terminare questa fabbrica, ed in vece di sacro Tempio ridurla per sala dell' accademia del disegno; ma questa sua grandiosa intenzione fu impedita da altre circostanze . E con dispiacere si può soggiungere ora, che questa Fabbrica lasciata alla discrezione delle ingiurie del tempo, e senza alcuna maniera di riguardo è danneggiata grandemente, e va senza dubbio a perdersi. ..."  


Da Firenze antica, e moderna illustrata, Volume 4 - Di V. Follini,M. Rastrelli -1792 - pgg 88 / 90




Coordinate:  43°46'31.01"N,  11°15'36.71"E                      Mappe: Google - Bing




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lunedì 30 novembre 2015

Le lunette e i soprannomi di Bernardino

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Firenze, Piazza della Santissima Annunziata, Spedale degli Innocenti


Di Bernardino Poccetti (Firenze 1542- 1612) abbiamo già visto alcune delle sue opere qui in zona  Piazza della Santissima Annunziata. In particolare, oggi, vediamo un paio delle sue ultime opere, due affreschi realizzati per lo Spedale degli Innocenti, ai lati del  portico, in cambio dell'ospitalità. Infatti negli ultimi anni di vita ebbe una stanza dietro lo Spedale in Via della Colonna. Il vero cognome del nostro  Bernardino era Barbatelli figlio di Bartolommeo ma è più conosciuto col soprannome di Poccetti che nel gergo dell'epoca significava l'attitudine ad alzar di gomito, ma conosciuto anche con altri soprannomi derivati dalla sua specializzazione pittorica di affrescatore, Bernardino delle Grottesche o delle Facciate o delle Muse.

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"... Bernardino Poccetti, così detto dal frequente uso, ch'egli faceva del Vino, fù figlio di Bartolommeo Barbatelli da S. Gemignano, lavorator di vasi di terra in Firenze presso la Porta S. Piergattolini, dove nacque il nostro Pittore, che privo del Padre all'età di sette Anni, e dato segno di genio per la Pittura con far delle Figurine sul Muro di Serumido fù perciò invitato, accolto, ed educato poscia in Casa di Michele del Ghirlandaio, che lo amò qual figlio, ma che non potè impedire , che un abito vizioso cangiato in natura il cognome non variasse al suo scolare di Barbatelli in Poccetti.
Vorrei per altro sù questo proposito ingannarmi con Baldinucci, che mi si è reso sospetto per essersi occupato nella vita in descrivere più il morale, che l'opere di questo bravo Artista, il quale in pochi Anni riescendo sotto il suo Maestro tanto eccellente nelle Grottesche, or nelle Facciate, ed ora nelle Muse meritò, andato a Roma, di alloggiare nel Palazzo dei Principi Chigi, dove per non dissiparsi, ed assiduamente attendere allo Studio levò la Chiave di Camera, e per una Ruota pregò gli portassero da mangiare. Ricco di cognizioni, che al suo quà ritorno aumentò ancor di più sotto il Buontalenti in Architettura, e nella Prospettiva, maraviglia non è, che in tutte le sue Opere ed in ogni genere, delle quali è adorna la nostra Città, non si ravvisi un insuperabil bravura, una portentosa facilità, un tocco spiritoso e brillante, un aria maestosa di Nobiltà, un sorprendente ornamento ed una vena Pitturesca, nella qual sola alcuna volta la Natura ha fatto brillare il bello, che l'Arte in altri ha dovuto formare con ingegno, e fatica.
Onorato della stima dei Caracci, e dei Pietri da Cortona poteva essere indifferente al poco conto, che del medesimo faceva la Patria, ognor più Matrigna che Madre, se l'amor proprio leso non gli avesse fatto concepire aversione nel trattar co' Signori per non far la figura da servo, e se la prima cattiva abitudine non l' avesse troppo familiarizzato coll'infimi della Plebe alle bettole, e con frequenza all'Osteria della Trave Torta, co' quali egli figurava da Signore. Strano, disinteressato faceto morì a 9. Novembre del 1612. disposto avendo di ogni suo resto a favore dei Ciardi, che venivano ad essere suoi Fratelli uterini, perchè sua Madre era passata in seconde Nozze a Piero Ciardi Tessitore di Lino alla rensa. L' Accademia del Disegno onorò la di Lui Memoria con un Solenne Funerale nella Chiesa del Carmine, dov'egli ebbe Sepoltura. ..."

Tratto da Storia dell'I. e R. Spedale di S. Maria degl'Innocenti di Firenze e di altri -Vol I- Francesco Bruni - 1819



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giovedì 26 novembre 2015

Tre dettagli effimeri

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Firenze, Via delle Burella, Borgo Allegri e Via dei Velluti

Oggi pubblichiamo un post diverso. Non  è detto  che i dettagli debbano sempre riferirsi a opere realizzate da grandi maestri della pittura, scultura, architettura, arte in genere, del passato lontano o recente. L'arte di strada è un dettaglio fuggevole, di breve durata, breve, caduco, effimero, un messaggio istantaneo da cogliere sul momento. Oggi c'è domani può comparire dai muri e dalla memoria, molto spesso senza lasciare alcun segno. Tre messaggi sono i rappresentati qui nelle foto, messaggi da interpretare, da capire, forse colti con la coda dell'occhio e catturati camminando tra le strade ai bordi di percorsi più trafficati dalla gran massa dei turisti.  Un cavaliere che sfida un drago alato, un palloncino che sfugge di mano perduto per sempre, due figure tristi, una con le mani bucate che indica due fiori di un pallido rosa e un tenue celeste. Vedere e interpretare, capire.


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lunedì 23 novembre 2015

Intorno alla Madonna del sacco

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Firenze, Piazza Santissima Annunziata, Basilica della Santissima Annunziata, Chiostro

Si entra da un altro portone a sinistra del portone principale della Basilica, attraversando un ampio corridoio sormontato da una volta a botte lungo il quale, a destra e a sinistra vi sono lapidi e busti di personaggi che hanno voluto lasciare il ricordo del loro passaggio su questa terra, in questa città, qui. La nostra meta è oltre questo corridoio, dritto in fondo all'angolo del Chiostro dei Morti: la Madonna del Sacco, affresco di Andrea del Sarto (Firenze, 1486 – 1530) del 1525, restaurata nel 2012. Dell'opera si conoscono disegni preparatori conservati nei musei britannici e francesi, oltre a copie a Firenze, Londra e Roma.
 
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Da Notizie inedite della vita d'Andrea del Sarto: raccolte da manoscritti e documenti autentici - Luigi Biadi – 1831 – pagg. 43/48

Prezzo - E invalsa generalmente la opinione che quella Madonna sia nominata - del Sacco - e perchè Andrea nel recinto dell' a-fresco rappresentò un sacco sul quale appoggiasi S. Giuseppe, e perché qualche Scrittore sostiene che in premio dell'opera ricevè il Del Sarto un sacco di grano.
Convengo che il nome - Madonna del Sacco - possa prendere la derivazione dal sacco che per uno slancio di vaga fantasìa Andrea dipinse nell'a-fresco in modo da figurarlo ripieno non d'altro che dei panni occorrenti al bambino Gesù, alla Vergine, ed a S. Giuseppe, che vi si riposa senza in menoma parte avvallarlo, come dovrebbe accadere se dall'Autore si fosse voluto dimostrare il sacco ripieno di grano, e non di panni. Ma nego che il premio all'Artefice consistesse in grano: e lo nego cui documento alla mano tratto dai Libri manoscritti di spese dei PP. Serviti di Firenze esistente nell'Archivio centrale delle Corporazioni Religiose soppresse - ivi - Giugno 1514. ad Andrea Del Sarto per resto della Madonna del Sacco lire 56. - Il vocabolo - resto - somministra naturalmente il concetto di un'antecedente somma di danaro in conto, che potrà dirsi ricevuta da Andrea in lire 14., facendo si ammontar l'onorario fino a scudi 10. Nè può supporsi che maggiore delli scudi 10. fosse il pagamento di sì bella fatica, avvertendo il Vasari - fecela ( la Madonna del Sacco ) per poca somma.
Nego che il palmario consistesse in grano, sull'appoggio ancora dell'istesso Vasari - Fu de' danari di una donna che avea fatto un voto, dal quale scioltala M. Jacopo Frate de'Servi, gli ordinò che facesse fare la Madonna (del Sacco) che Andrea fu incombensato e fecela per poca somma.

CAPITOLO XI.
Reputazione d'Andrea in questo tempo.  
Che Andrea, mercè le sue più squisite produzioni avesse in tal tempo acquistato maggior fama, e fosse divenuto l'onor della Patria, siccome madre feconda di non comuni talenti, viene unanimemente consentito dalli Scrittori, i quali fermandosi a contemplar le bellezze dei dipinti - La Natività di Maria - I Magi - e - La Madonna del Sacco - esclamano energicamente che non si possono quelle mai abbastanza lodare, ed esortano altresì di imitarle chi nella pittura aspiri ad una ben solida reputazione . Il Vasari così ne ragiona - Le quali tutte opere diedero sì gran nome ad Andrea nella sua Città, che fra molti giovani e vecchi che allora dipignevano era stimato de' più eccellenti che adoprassino colori e pennelli - Argenville - En voyant ces Tableaux on rendroit toute la justice qu'est due à André Del Sarto, et l'on ne pourrait se defendre de le mettre au rang des premièrs peintres - Il Bocchi - E Tiziano Pittor famoso ne' tempi nostri, quando fu in Fiorenza per la vista di questa pittura ( Madonna del Sacco ) restò in guisa ammirato che commendando l'industria senza fìne, a tutte, le quali vedute havea, l'antipose, e quando era lontano, o altri di altra pittura favellava, non poteva a partito nessuno soffrire, e di haver dolore affermava, se della vista della Madonna del Sacco non saziava sua vista, e dell'alta sua bellezza non ragionava. - E il dottissimo Lanzi discorrendo della Madonna del Sacco - E a chi non vide Firenze e Roma fa fede ( quell'opera ) che Andrea al primo maestro dell'arte è talora piuttosto emulo che secondo. Chi sente che sia Tibullo nel poetare, sente che sia Andrea nel dipingere .

CAPITOLO XII.
Come lo consideravano in allora i bravi Artisti.  
Se fra i non pochi Artisti contemporanei d'Andrea, profondi conoscitori dei di lui meriti in questo tempo ed eziandio intenti a celebrarlo, non fo speciale menzione del Sansovino, del Puligo, del Granacci, del Bandinelli, del Ghiberti, del Perugino, procede dal sentirmi risuonar la voce del primo fra i primi, di quel Michelangiolo nominato dall' Ariosto

E quel eh' a par sculpe e colora
Michel, più che mortale Angel divino.

che intuona a relazione del Bocchi inni di gloria al nostro Del Sarto, professandogli stima non minore che all' Urbinese - ivi - Per lo che fu sempre questo maraviglioso artefice ( Andrea ) tenuto in pregio dal Buonarroto, e come chiedeva la sua virtù, altamente commendato ; ed ebbe ardire ( cotanto puote la verità in cuor gentile ) di dire queste parole in sul viso a Raffaello da Urbino, mentre che favellava seco sopra il valore di rari artefici - egli ha in Firenze un omaccetto volendo significare Andrea, il quale se in grandi affari, come in te avviene, fosse adoprato,ti farebbe sudar la fronte.



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giovedì 19 novembre 2015

La Loggia rinnovata

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Firenze, Piazza dei Ciompi

La Loggia del Pesce, da poco restaurata in modo impeccabile, era collocata in altro luogo. Era al Mercato Vecchio, dove adesso c'è Piazza della Repubblica, all'incirca davanti all'Arcone, per svolgere la sua funzione chiaramente descritta dal nome, dove vendere il pesce, fino a quando venne smantellata verso il 1885-1895 al tempo del risanamento di Firenze Capitale del Regno d'Italia (dal 1865 al 1871), per poi essere ricostruita nel 1955 nell'attuale Piazza dei Ciompi. Nella foto in alto vedete due tondi che racchiudono pesci e delfini ai lati dello stemma mediceo con sotto la seguente iscrizione:

MAGNVS 
COSMVS MED
FLOR ET SENAR
DVX II

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 Leggiamo un brano tratto da L'illustratore fiorentino: Calendario, 1838, 39, Volume 3, pag 10-11 – di Guido Carocci
"...Questa via è detta degli Archibusieri dalle botteghe, che vi tenevano i fabbricatori di archibusi; e prima dicevasi Via dei Pesciaioli, e anche Pescheria, perchè vi si vendeva al prezzo fissato dalla grascia (dazio) il pesce che era solito portarsi dai laghi di Bientina , di Fucecchio e da altri luoghi.
Gli antichi fiorentini, inalzando appiè del Ponte Vecchio una loggia per la vendita del pesce, imitarono i Romani, i quali posero la pescheria, che dicevano forum piscarium, separata dal luogo e dal mercato, dove si vendevano gli altri commestibili. Pare che nei nostri maggiori nascesse un tal pensiero verso il 1296; poichè dalle cartapecore del monastero di S. Matteo d'Arcetri trasse il Manni un documento del 12 novembre del detto anno, col quale un certo Corsino di Gianni, che era della casata degli Amidei, protesta che senza il suo assenso e senza quello dei suoi consorti non può scavarsi dal Ponte Vecchio certo terreno per edificarvi una loggia pel Comune di Firenze. Ma essendosi accomodata una tale difficoltà, fu proseguito lo scavo e il lavoro della loggia , che non sappiamo quando fosse terminata. Manchiamo ancora di una precisa contezza della medesima fino al 1362; nel qual anno dal libro della Luna nell'uffizio della Parte apparisce l'ordine di far lastricare la piazza del pesce posta, si dice ivi, nella Via di Lungarno appresso al Ponte Vecchio, con ispendervi cinquanta fiorini; e in tempo a quello vicino si comanda, che si acconcino i tetti si della piazza del pesce, sì del ponte istesso. Che fosse qui la vendita del pesce vien pur confermato dall'iscrizione che fu posta alla nuova loggia del pesce medesimo, fatta edificare in Mercato Vecchio nel 1568, e che è in questi termini concepita.

FORUM PISCARIUM QVSQVE AD HUC
TREMPORIBVS QVADRAGESIMALIBUS AD
PONTEM VETEREM FREQUENTABATVR
NVNC ILL ET ECC MAGNVS COSMVS
MED FLOR ER SENAR DVX II ET
FRANCISCVS EIVS FILIVS PRINCEPS OPT
VR HIC CONTINVO PISCES VENDANTVR
MVITO MAIORI SVMPTV AC MAGNIFICENTIA
QUAM ANTEA ILLIC EXCTRVCTUM FVERAT
AEDIFICANDVM CVRARVNT
M D L X V I I I

[nota, traduzione. "Il mercato del pesce che fino ad ora si teneva, nei tempi di quaresima, presso il Ponte Vecchio, ora l'illustrissimo ed eccellentissimo Cosimo de' Medici, secondo Granduca di Firenze e di Siena, e suo figlio Francesco, ottimo principe, lo fecero costruire con assai maggiore spesa e magnificenza di quella con cui era stato edificato prima, affinché il pesce da ora in poi sia venduto qui. 1568".]

Trovandosi poi all'archivio del Monte Comune, infra le altre condannagioni cancellate nel governo del Duca d'Atene, che una trecca o rivendugliola fu condannata, perchè era stata colta a vendere de' ranocchi presso all'oratorio di Or San Michele, può argomentarsi da ciò che in antico non potesse vendersi il pesce, se non presso al Ponte Vecchio; dove si faceva ancora il mercato delle frutte e degli erbaggi; dicendosi nella novantesimaquarta delle Cento novelle antiche, che ser Frulli, il quale aveva un suo podere di sopra a San Giorgio, molto bello, sì che quasi tutto l' anno vi dimorava colla sua famiglia, il più delle mattine mandava la sua fante a vender cavoli, frutte ed altro alla piazza del Ponte Vecchio. Il Del Migliore parlando della vendita del pesce, dice che quello, che si pescava in Arno, serviva soltanto per la Signoria, a riserva d'un giorno dell'anno in cui era assegnato al Proconsolo, e i pescatori erano tenuti a pescarlo senza alcuna mercede. Che in un giorno dell'anno toccasse il pesce d'Arno al Proconsolo senza premio dei pescatori è verissimo, e di qui nacque il proverbio pescar pel proconsolo, che vale, affaticarsi indarno e per altri, e durare, come si dice, fatica per impoverire. Sembra strano per altro che servisse soltanto per la Signoria, poichè essa, come avverte il Manni nella lezione sull'antichità del Ponte Vecchio, era parchissima; ed è antichissimo il costume che ebbe l'Arte della Lana di mandarlo ai suoi consoli per S. Giovanni, e che ebbero pure vari monaci, di regalarlo nella vigilia dell'Assunzione ad alcune case di cittadini. ..."


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lunedì 16 novembre 2015

Un monaco e un vaso alle finestre

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Firenze, Piazza Santissima Annunziata, la Basilica della Santissima Annunziata

Prima di entrare nella basilica vera e propria da Piazza  Santissima Annunziata  si deve accedere al Chiostrino dei Voti, così chiamato per gli ex-voto esposti fino al secolo scorso, costruito fra il 1447 e il 1452 su disegno di Michelozzo (Firenze, 1396 – 1472). Qui intorno al chiostro si possono ammirare soprattutto gli affreschi che appaiono sulle pareti che sono a firma di  Alessio Baldovinetti (Firenze, 1425 – 1499), Cosimo Rosselli (Firenze,  1439 - 1507), Andrea del Sarto (Firenze, 1486 – 1530) del quale qui troviamo anche il monumento funebre sulla parete sinistra, un busto del 1606 opera di Giovanni Caccini (Montopoli in Val d'Arno, 1556 – 1613), ed altri affreschi di Franciabigio (Firenze, 1482/4 ca – 1525), Pontormo (Pontorme, 1494 –  1557) e Rosso Fiorentino (Firenze, 1495 –  1540).

Sopra gli archi del chiostro si aprono delle finestre, vere, eccetto le due che si trovano in alto a sinistra. In realtà sono false finestre, murate e affrescate, nelle quali troviamo raffigurati un vaso di fiori e una figura di un monaco che sembra guardarci. Nella penombra il monaco può sembrare reale e dà l'impressione che segua con lo sguardo proprio noi che camminiamo in basso. Si ha la sensazione che non ci abbia individuato per redarguirci per chissà per quale peccato commesso, quanto piuttosto per proteggerci dall'alto come farebbe un padre benevolo per ogni figlio veduto casualmente passando davanti ad una finestra distogliendo lo sguardo dal libro che stava leggendo.

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Coordinate:   43°46'36.43"N,  11°15'39.27"E                     Mappe: Google - Bing




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giovedì 12 novembre 2015

La plastica del Porcellino

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Firenze, Piazza del Mercato Nuovo

Lo conosce tutto il mondo come il Porcellino ma in realtà raffigura un cinghiale, il bronzo situato in Piazza del Mercato Nuovo  a due passi da Piazza della Signoria e il Ponte Vecchio. Ne abbiamo già parlato in un post precedente un po' della sua storia e della novella che vi ha costruito intorno Hans Christian Andersen (1805 – 1875). Realizzato nel 1612 da  Pietro Tacca (Carrara 1577 – Firenze 1640), quello che vediamo oggi nella piazza, sempre circondato da turisti che lo fotografano e si fanno fotografare nell'atto di far scivolare una moneta dalla sua bocca bronzea, non è altro che una copia. L'originale è esposto al  Museo Bardini. I secoli consumano il bronzo, inesorabilmente, ma ancor di più dannosa è l'attenzione della folla quotidiana dei turisti che inesorabilmente, attratti dalla 'magia' di accarezzare il muso, consumano, molecola dopo molecola, il metallo. Qui sotto vediamo come era nel 2011, ma da allora fino a pochi giorni fa, il suo stato era peggiorato, con aperture più ampie.


Come succede per alcune dive del cinema (ma non solo) anche il porcellino ha fatto ricorso alle cure estetiche per ringiovanire un po'. Oggi lo possiamo vedere col muso rifatto visibile nella foto in alto.

Il PORCELLINO

E questo lavoro pregievole del Tacca, pel quale mi piace riportare quello ne dice il Cinellli nelle sue bellezze di Firenze. Nella parte esteriore più cospicua di essa loggia è collocalo un Cinghiale di bronzo, che getta acqua per bocca, fatto sopra quello di marmo, che è in Galleria. Fù questo gettato da Pietro l'acca, al quale questo meraviglioso aggiunse all'arte, ed alla maniera greca del quale è l'originale di marmo, alcune osservazioni graziose tutte viste dal naturale che lo rendono maggiormente ammirabile, e nel luogo dove cade l'acqua sono molti insetti acquatici e terrestri che scherzano assai vagamente.
da Il fiorentino istruito calendario per l'anno 1844 – Autori vari - Editore: Tip, Nicola Fabbrini. Firenze 1844



Coordinate: 43°46'11.50"N, 11°15'15.14"E                      Mappe: Google - Bing




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lunedì 9 novembre 2015

La Danza di Salomè sul Battistero e le 24 teste di leone finite e dorate

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Firenze, Piazza San Giovanni, il Battistero

Qui siamo alla Porta sud del Battistero intitolato a San Giovanni, porta bronzea realizzata da Andrea Pisano  (Pisa, 1290 -1349) nella prima metà del Trecento. Qui sopra vediamo una delle 28 formelle, esattamente la quindicesima, nella quale viene rappresentata la 'Danza di Salomè, figlia di Erode ed Erodiade'. In seguito alla danza il re Erode le chiede di scegliere la sua ricompensa e la ragazza, istigata dalla madre, chiede la testa del Battista.
Leggiamo qui di seguito alcune righe tratte dalle pagine L 44 e 45 del libro di Arnaldo Cocchi intitolato " Le chiese di Firenze dal secolo IV al secolo XX" pubblicato nel 1903.

".... L' Arte di Calimara, a cui era stata affidata la conservazione della basilica, ne curò sempre religiosamente gli abbellimenti e l'arricchì di opere d'arte e di arredi preziosi. Con una deliberazione del dì 6 novembre dell'anno 1329 ordinava, che le porte della chiesa di San Giovanni si faccino di metallo o ottone più belle che si può e che Piero d'Iacopo vadia a Pisa a vedere quelle che sono in detta città e le ritragga e dipoi vadia a Venezia a cercare di maestro che le faccia, e trovandolo che lui deva essere il maestro a lavorare la forma di detta porta di metallo .....
Pare che il detto Piero non trovasse in Venezia maestro a ciò sufficiente, perché i Consoli il dì 9 di gennaio del 1330 allogarono la porta a maestro Andrea di Ser Ugolino da Pisa. Andrea mise mano all'opera il dì 22 gennaio ed ebbe per lavoranti, oltre Piero di Iacopo, gli orafi Lippo di Bino e Piero di Donato, e già il 2 di aprile dello stesso anno le storie di cera erano finite e la porta era stata gettata nell'aprile del 1332 da maestro Lionardo del fu Avanzo, campanaio di Venezia. Ma nel gettarla, essendo venuta tanto torta da non poterla adoperare, fu dapprima commesso a Piero di Donato di raddrizzarla e non bastandogli poi l'animo di farlo, l'Arte lo disobbligò, dando l'incarico ad Andrea Pisano, che lo prese a fare a tutto rischio dell'Arte, per il prezzo di 10 fiorini d'oro e nel termine di due mesi. A' 24 di luglio del 1333 fu pattuito con Andrea di fare di metallo 24 teste di leone e darle finite e dorate per il primo del prossimo dicembre, obbligandosi Andrea a commetterle bene nella mezza porta o battente, che era allora nell'Opera di San Giovanni, e insieme a dorare le storie dell'altra mezza porta, che era già stata messa su. Tutto questo lavoro era finito e posto nel suo luogo nel 1336, anno in cui si trova la spesa di 11. 25 per il marmo della soglia, fatto venire da Carrara.

Nella parte superiore di questa porta sta scritto a lettere di rilievo :

ANDREAS VGOLINI NINI DE PISIS
ME FECIT A. DNl MCCCXXX

L'anno indicato dall' iscrizione, si deve intendere per quello in cui fu compiuto il modello di terra e incominciato il getto di metallo, a terminare il quale si richiesero cinque anni. E' questa la porta più antica e fu dapprima collocata nella facciata principale. E divisa in 28 spazi, di cui venti rappresentano la storia del Battista e gli altri otto diverse Virtù.
Nel 1403 venne commessa a Lorenzo Ghiberti quella di tramontana, che fu compiuta nell'aprile del 1424 e messa a posto il 19 dello stesso mese. Come quella di Andrea Pisano è pure divisa in 28 spazi, rappresentanti vari fatti della vita di Gesù Cristo e degli Apostoli. ..."


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Sopra vediamo la sedicesima formella che rappresenta la "Decollazione del santo".




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giovedì 5 novembre 2015

La cupola di San Lorenzo

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Firenze, Piazza San Lorenzo

La cupola della Basilica di San Lorenzo è facile da riconoscere per chi guarda un po' dall'alto il panorama della città ed è caratteristica per le volumetrie e le forme che si vedono dal basso da via del Canto dei Nelli che costeggia la chiesa da dietro o da Piazza di Madonna degli Aldobrandini (foto sotto) o da piazza San Lorenzo. Più inusuale è osservarla dall'interno del Chiostro dei Canonici da dove sembra svettare a quasi incombere con la sua leggera pesantezza secolare a ricoprire la cappella dei Principi a forma ottagonale seconda solo alla cupola del Brunelleschi del Duomo.

Ecco come Arnaldo Cocchi  ne parla nel suo libro 'Le chiese di Firenze dal secolo IV al secolo XX. (1903)':  
"... Annessa alla basilica trovasi la cappella comunemente detta dei Principi. Fu ideata da Cosimo I [Firenze, 1519 – 1574] per servire quasi a gran sepolcreto dei suoi genitori, per sé e per i figli. Il primo a darne il disegno fu il Vasari, ma il progetto non fu eseguito neppure sotto Francesco I [(Firenze, 1541 – 1587)], figlio e successore di Cosimo. A Ferdinando I [Firenze, 1549 – 1609], suo fratello, era riserbato non solo l'effettuarne il progetto, ma innalzarlo con idea nuova, assai più grandiosa e magnifica. A formare il progetto concorse anche Bernardo Buontalenti [Firenze, 1536 – 1608].
Che questo edificio fosse eretto con la speranza di potervi collocare il sepolcro di Cristo, come molti scrissero, e che a questo fine nel 1604 fosse iniziata una spedizione in Siria, non è che un racconto destituito da ogni fondamento e solo appoggiato a una voce popolare, qual di fatto essa fu.
Nonostante la seguente iscrizione, sembra che l'edifizio fosse incominciato nell'anno 1600, con l'assistenza di Matteo Nigetti [Firenze, 1570 circa – 1649]e del Buontalenti suo maestro :
« A dì 10 Gennaio 1604 si dette principio a' fondamenti di « questo tempio dominante Ferdinando I Gran Duca di Toscana, al quale successe Cosimo figliuolo, e dipoi Ferdinando II [(Firenze, 1610 – 1670] Architetto Principe Don Giovanni Medici [Firenze, 1567 – 1621], il Gran Duca comandò Matteo Nigetti architetto fiorentino, che fusse col suddetto Principe, e pigliasse l'ordine di fare i disegni e modelli, sì della muraglia, che de' diaspri, altare e ciborio del santissimo Sacramento. Che tutto si è eseguito, e si mette in opera sino a questo presente anno MDCXL, e si seguita per la Dio grazia ».
La differenza di data si concilia in questa guisa: Nel 1600 si incominciarono gli scavi; il 10 di gennaio del 1604, senza alcuna solennità, si gettò la prima pietra e il dì 5 del mese di agosto furono solennemente benedetti i fondamenti, alla presenza di Ferdinando I e del principe Cosimo suo figlio, dall'arcivescovo, coll'assistenza del clero della metropolitana e di quello di San Lorenzo..."

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