Guardando Firenze nei particolari da dietro l'obiettivo di una fotocamera.

lunedì 25 giugno 2018

Giardino di Boboli e Fritz Koenig





Firenze, Giardino di Boboli


Suggestiva operazione è quella che permette di osservare alcune opere nella retrospettiva dedicata a Fritz Koenig (1924 - 2017) che ha come sfondo il Giardino di Boboli e Palazzo Pitti, oltre che gli UffiziGli Uffizi e il Giardino di Boboli ospitano la più grande mostra monografica dedicata all'artista.


La Grande Sfera Pittografata - 1974


Koenig, che si deve considerare il più importante scultore tedesco della seconda metà del XX secolo e uno dei massimi artisti del secolo scorso, è stato precocemente riconosciuto soprattutto negli Stati Uniti, con acquisti già alla fine degli anni Cinquanta e all’inizio degli anni Sessanta da parte di Peggy Guggenheim, del MoMA e anche del Minnesota Museum of Art, fino alla commissione epocale della Kugelkaryatide (la Sfera) per la piazza del World Trade Center a New York (1968-1972).


Grande Mona III - 1977/1978

La mostra include disegni, modelli e sculture di piccolo e medio formato, esposti agli Uffizi, tra cui i modelli per i monumenti sugli stermini di  Mauthausen e altri non realizzati, e sculture monumentali in bronzo nel Giardino di Boboli.

La Grande Biga - 2001





Coordinate:   43°45'50.37"N,  11°15'3.51"E                    Mappe: Google - Bing




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martedì 19 giugno 2018

Piazza del Carmine





Firenze, Piazza del Carmine 

Sabato scorso, 16 Giugno, in Oltrarno, ha riaperto con una festa Piazza del Carmine dopo alcuni mesi di lavori per il recupero dello spazio che negli anni passati era stato degradato ad un avvilente e deprimente  uso di parcheggio auto. In fondo alla piazza qualche albero che crescendo porteranno ombra e sensazione di vita sullo sfondo ocra della pavimentazione della piazza.



Origine della basilica di Santa Maria del Carmine. .

Nessuno all'aspetto della grandiosa fabbrica, quale ora si vede, di questa Chiesa, potrebbe darsi a credere che a tanta antichità rimontassero i di lei primordii. La nostra celeberrima Metropolitana ebbe principio nell'anno 1294. Nella stessa epoca S. Croce, e alquanto prima, nel 1278, incominciò S. Maria Novella.
Il Carmine però anteriormente a quelle tre principali, e più splendide Chiese si cominciò a costruire l' anno MCCLXVIII. E si noti che stabilisco quest'Epoca a scanso d'equivoci, e d'incertezze, perchè se volessi, o dovessi senza contestazioni attendere l'autorità di alcune antiche carte, e di altre testimonianze, ad un periodo ben più vetusto riportar dovrei l'esistenza d' una Chiesa dei Carmelitani presso Firenze. Se alcuno però amasse saperne di più, può esaminar da sè la tanto controversa carta del Vescovo Tommaso della metà del Secolo Ottavo.
È fuor di dubbio che nell'anno MCCLXVII i Carmelitani presero stanza in quel luogo, presso Firenze in allora, che fino ai dì nostri mantennero senza interruzione. La prova poi l'abbiamo perentoria nel fatto che in quell' anno trovarono un fautore, e benefattore nella Famiglia Vernaccia, probabilmente ceppo di quella illustre che giunse fino a noi, e fu precisamente Cione di Tifa, il quale con pubblico istrumento donò ai Religiosi suddetti una piccola casa, ed un pezzo di terreno annesso, affine che costruir vi potessero conveniente abitazione, ed una Chiesuola pel Culto. Il sito è determinato con precisione nel documento, fuori, e presso delle mura Urbane, non essendo allora allargata, com' è di presente, l'ultima cerchia, cominciata poi nel MCCLXXXIV.
Avendo, come dissi, posto il Testatore fra le condizioni che in su quel suolo si edificasse una Chiesa, ed essendo quella con le altre accettata dal Padre Matteo allora superiore, e dalla Religiosa
famiglia, si pose tosto mano a darle compimento, e nell'anno seguente MCCLXVIII Giovanni Mangiadori vescovo in quel tempo di Firenze, pose solennemente la prima pietra dell'Edifizio, stipulandone, come è d'uso, apposito documento che può vedersi riferito dal Richa citato, dal Cerracchini, e da altri.
E qui diverse questioni ci si presentano, che l'amatore di storia patria bramerebbe trovar risolute, ma confessar debbo che nelle mie ripetute indagini, vana è sempre riescita la speranza di trovar qual che schiarimento in proposito. Ed in vero, qual parte, a modo d'esempio, della Chiesa presente è 
costituita dall' antica? Quale era la forma di sua costruzione ? Era una piccola Chiesetta, ossivvero fin da principio furon gettate le fondamenta nell'ampiezza, e periferia che ancora adesso si scorge?
Chi ne fu architetto? Nulla di chiaro intorno a ciò, e quanto all'ultima dimanda vi è chi ha opinato per Arnolfo, o per Fra Sisto, o Fra Ristoro, senza potersi appoggiare a certi documenti, e precisi.
Ma più intrigata ancora diventa la questione, allorchè osserviamo riscontrarsi fatta menzione della nuova chiesa negli antichi documenti.
Negli Ordinamenti della Compagnia di S. Maria del Carmine dell'ultimo ventennio del Secolo XIII all'anno MCCLXXXXII. si parla dell'opera della Chiesa nuova, e verrebbe il dubbio se si intenda ivi di quella incominciata nel 1268, o di altra da in cominciarsi. 
Io però congetturo che gettate fossero le fondamenta dell'ampia Chiesa, ma mentre lentamente avanzava la vasta fabbrica, fosse in un angolo, o in qualsiasi parte adattato un oratorio pel regolare, e pubblico Culto. Questa mia congettura acquista il valore di fatto storico, se merita fede quanto dice il Migliore (nel suo Zibaldone MS. nella Magliabe chiana Vol. 11.) « Che nell'anno 1267 Madonna Agnesa . . . . del Vernaccia donò la terra dove si è fabbricata la nostra Seconda Chiesa.» E più ancora cresce di peso dall' aggiungersi che quella Chiesa aveva presso a poco le dimensioni stesse che aveva nel 1568. Vedansi le parole del Buonmattei, concernenti lo stato della Chiesa prima del brucia ento, che riferisco più oltre. (a pag. 20 seg.).
Che lentamente progredisse la fabbrica certissima testimonianza ne abbiamo dalla storia, la quale ci assicura che solo cento cinquant'anni dopo il suo cominciamento fu nel 1422 solennemente consacrata da Monsig. Americo Corsini, creato in queltempo da Martino V. primo Arcivescovo della nostra Città. Noto di passaggio che a questo fatto si riannoda un altro del più grande interesse per la parte artistica, ed è che la cerimonia della Sacra fu dipinta nel chiostro da Masaccio in terra verde, come a minuto ne ragiona il Vasari, e io dovrò ritornarvi in altro luogo in questo scritto.
Altra prova ancora della lentezza con cui procedeva la Chiesa l'abbiamo dalle antiche memorie raccolte dal P. Marsilio Ronconi, e citate dal Rosselli nel suo Sepoltuario MS. ed è che nel MCCCCLIX fu terminata la tettoia per le premure e soccorsi di Niccolò Soderini, e di Stefano Bonsi, il quale Bonsi, essendo allora Gonfaloniere, ottenne una imposta sul sale di due quattrini per libbra, gravezza che durò finchè non fu condotta a termine la Chiesa il due d'Ottobre MCCCCLXXIV nel qual tempo fu essa rivolta a benefizio della Chiesa di S. Spirito che, bruciata poco tempo innanzi, si ricostruiva sotto la direzione di Brunellesco.
L'esistenza poi d'una Chiesa dove che fosse, ma certo nella periferìa di quella grande in costruzione, è assicurata dalla storia appoggiata ai documenti. Ed in vero verso il 1269 ebbe principio la celebre Compagnia di S. Agnese, dico celebre per lo spirito di carità e di beneficenza che l' animava, e per la sua durata. Ad essa Congregazione fu da Monsignor Giovanni Mangiadori donato il Piede di S. Agnese, e a quella Reliquia ebbesi dipoi gran dissimo culto, fu racchiusa in onorevole reliquiario fatto fare da Fr. Salvino Armati Carmelitano, e ne fu fissata solenne festa.
Sembra che verso il MCCLXXX si assumesse il titolo di Compagnia di S. Maria del Carmine, e di S. Agnese, come ne fanno fede gli Ordinamenti di essa, che sopra citai (pag. 4 nota). Fra le altre importanti notizie che si traggono da cotesto scritto una è quella che tocca i tanto famosi nelle nostre  storie, e popolari tradizioni, così detti Laudesi dal cantar che facevano le Laudi, intorno ai quali Sarebbero da farsi delle osservazioni storiche, e letterarie ancora, ma ciò non appartiene al caso nostro. Densa oscurità cuopre l'origine, e l'antichità in Firenze di quelle pie riunioni, sebbene molti ne abbiano scritto in diversi tempi anche a noi prossimi. Recentissimamente in un Periodico Fiorentino in due articoli sono state sopra di ciò consegnate assai ponderate ricerche. Mi è duopo però osservare che l'Autore, dopo avere scritto come nel MCCXLIV avesser principio in Firenze le così dette compagnie di Stendardo per opera di S. Pier Martire, soggiunge poi (a pag. 225) senza fare distinzione alcuna « Anche aggiungasi che secondo il Del-Migliore (Spoglio di Capitoli delle Confraternite di Firenze. Cod. Magliabec. Classe XXV Cod. 418) era già formata in Corpo la Confraternita di S. Maria delle Laudi in S. Croce, e di S. Agnese, Stendardo d'uomini, detta delle Laudi nel Carmine. » Ora da questo discorso sembre rebbe doversi concludere, che quando S. Pier Martire fondò nel MCCXLIV le Compagnie di Stendardo, esistessero già alcune nel Carmine e in S. Croce.
Ma quanto sia falso tutto ciò è chiaro dalla Storia che ci ammaestra, come già accennai, esser S. Croce cominciata solo nel 1294 e che neppure esisteva il Carmine, nè cominciò ad esistere che 24 anni dopo i fatti di S. Pier Martire. Vero è che una S. Croce ossia chiesuola, od oratorio esister dovea anche prima di quel tempo, perchè nei precitati Ordina menti si dice che « debbonsi correggere i Capitoli del Carmine sopra quelli di S. Croce, » e fu ciò stanziato l' anno MCCLXXXII.
Comunque siasi, certo è che fra le Compagnie, delle quali abbiansi precise notizie, quella del Carmine è delle prime. Perocchè se per testimonianza del Buoninsegni (Storie Fiorentine) rilevasi che quella di Orsanmichele avesse principio nel MCCXCI, gli Ordinamenti attestano che era la Compagnia delle Laudi nel Carmine fino dal MCCLXXXIX. Dai medesimi Ordinamenti si ha fatta menzione all' anno 128l « de lo frate nostro » e per ciò s'intende di sicuro un Religioso del Carmine, che era correttore, o direttore della Compagnia; dal che sempre più viene confermato, che una Chiesa vi era, con annesso locale, nel quale vivevano i Religiosi in comunità , e pubblicamente uffiziavano.
Posto ciò in sodo, ci proveremo a dare una idea della Chiesa, qual'era nella sua prima Epoca fino all'anno MDLXVIII.


Ragionamento intorno all'antica Chiesa del Carmine di Firenze -  Di Santi Mattei -1869


Leone, opera con rami di risulta intrecciati  di Sedicente Moradi


Coordinate:   43°46'7.41"N,  11°14'38.88"E                    Mappe: Google - Bing




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lunedì 11 giugno 2018

Come si viaggiava da Pistoia a Firenze nei secoli decimoterzo, decimoquarto e decimoquinto





Firenze, panorama

Come si viaggiava da Pistoia a Firenze nei secoli decimoterzo, decimoquarto e decimoquinto.

Le relazioni che correvano tra Pistoia e Firenze negli ultimi tre secoli del Medio Evo, avuto riguardo ai tempi, erano assai frequenti, ed erano determinate da ragioni molto varie.
Soprattutto lo svolgimento dei negozi politici e dei rapporti commerciali, in secondo luogo la cura ed il disbrigo d'interessi religiosi, economici, familiari, artistici ecc. richiamavano i pistoiesi con una relativa frequenza a Firenze.
Le vie di comunicazione tra Pistoia e Firenze erano in gran parte diverse dalle attuali. Esse erano inoltre più anguste, più tortuose', e meno ben tenute che le strade odierne. A cura degli ufficiali pubblici addetti al mantenimento delle vie, esse erano tenute alte, colme nel mezzo, e « inghiarate al modo fiorentino » 

Queste strade di comunicazione furono tre. 
La prima moveva da Pistoia e costeggiando le colline passava per il Montale e Prato, e fino a questa città seguiva in molta parte il tracciato della odierna via montalese. La seconda moveva da Pistoia, seguitava nel piano verso Agliana e Prato, e da Prato per Campi a Firenze. La terza, che era la più frequentata, da Pistoia per il Poggio a Caiano faceva capo a Firenze.

In Italia, fino verso il termine del secolo decimoquarto l' unico modo di viaggiare fu quello di recarsi a cavallo al luogo, che era la meta del viaggio stesso. Verso la fine di quel secolo incominciò a introdursi l'uso di viaggiare in cesta (La cesta era una specie di piccola carrozza mezza coperta, e talora con un piccolo mantice al davanti.),ma tale modo di trasporto fu limitato quasi esclusivamente per il trasferimento di persone ammalate, o di persone alle quali, o non era possibile, o riusciva malagevole il cavalcare. 
Cosi pure il viaggio tra Pistoia e Firenze, nell'età medioevale, si faceva esclusivamente per mezzo di cavalcature.
I pubblici ufficiali, come il Potestà ed il Capitano del popolo e le loro corti, il Vescovo, e le famiglie più ricche tenevano a loro disposizione nelle stalle di loro proprietà, un certo numero di cavalcature per le occorrenze di gite e di viaggi. Avevano per questo un dato numero di cavalli e muli da insellare, come ne tenevano altri per trasporto a basto di bagagli, masserizie, od altro.
Per il servizio delle persone che avevano minore possibilità di spendere vi erano coloro che davano i cavalli o ronzini, i muli, e gli asini « a vettura », classe di esercenti, che oggi si direbbe dei noleggiatori di animali da trasporto. A questa classe appartenevano vetturali propriamente detti, i maniscalchi e gli albergatori. Queste due ultime classi di persone, oltre all'esercizio delle arti particolari, cioè della ferratura degli animali e dell'esercizio degli alberghi, solitamente facevano pure quello del noleggio degli animali da cavalcare, e degli animali pei trasporti a soma. Il noleggio delle bestie, (pur rimanendo a carico di chi se le assumeva la cura e la spesa della loro alimentazione) si faceva a giornata, e la spesa del noleggio variava a seconda dei tempi, e a seconda del genere degli animali noleggiati.
Dai documenti amministrativi del Capitolo della Cattedrale di Pistoia si rileva, come nella seconda metà del secolo decimoterzo si poteva a Pistoia noleggiare una cavalcatura per un viaggio di andata e ritorno a Firenze, pagando al noleggiatore un compenso di quattro o cinque soldi al giorno, 

Nel secolo decimoquarto la richiesta del compenso andò ad aumentare, e dalle filze amministrative capitolari, come da quelle del Monastero di Monteoliveto di Pistoia, si può desumere che il compenso richiesto per ogni animale da cavalcare e per ogni giornata crebbe fino a sette soldi al giorno, senza comprendere in questa somma le spese di nutrizione della bestia.

Nel secolo decimoquinto la spesa per il noleggio delle cavalcature crebbe ancora. I cavalli e muli per cavalcatura si davano da otto fino a dieci e undici soldi al giorno, a seconda della qualità delle cavalcature, ed a seconda dei diversi periodi di quel secolo, poiché anche allora i prezzi di ogni genere andavano coll' andare degli anni ad aumentare. Il noleggio degli asini per cavalcature però si mantenne assai basso, non più di cinque soldi al giorno.
La spesa per la biada delle cavalcature durante il viaggio era minima: non più di due o tre soldi al giorno : così pure la spesa dello scotto per il cavaliere all'osteria del Poggio a Caiano o di Campi, a seconda della strada prescelta, riusciva molto modesta. Così una volta nel 1426 notasi « per mangiare all'albergo soldi due e denari otto » ; altra volta nel 1484, « per bere all'osteria alla tornata col compagno da Firenze soldi dui « ed altra volta pure nel 1484 è notata la spesa di « soldi sei per un desinare a Campi per me et pel sacrestano quando andamo a Firenze ». Se poi si trattava dell' alloggio per la notte e del nutrimento per il cavaliere e per il cavallo il pagamento dello scotto si aggirava dai tredici ai sedici soldi.
A coloro che da Pistoia si recavano in quei  tempi a Firenze per la via del Poggio a Caiano occorreva traversare il fiume Arno con la nave, e dovevano per questo passaggio pagare il pedaggio nella somma di due a tre soldi.
Quando poi il viaggio da Pistoia a Firenze veniva fatto di notte, i cavalieri si munivano di lanterne, ed al Poggio a Caiano essi trovavano una beccheria, dove all'occorrenza potevano rifornirsi di candele di sevo per illuminar meglio la strada.

Arrivati i viaggiatori pistoiesi a Firenze, quando  non avessero avuto alloggio in case private, essi dovevano recapitare ad un albergo. Ben difficilmente i ricordi amministrativi e familiari serbano il ricordo degli alberghi di Firenze dove i pistoiesi andavano ad alloggiare : ci indicano questi ricordi più facilmente il tempo della dimora in Firenze e la spesa dell' alloggio dei viaggiatori pistoiesi.
La spesa dell'alloggio in Firenze, compreso la biada per il cavallo ed il vitto per il cavaliere non soleva essere superiore ai 15 o 20 soldi al giorno.
Degli alberghi fiorentini frequentati dai pistoiesi ne abbiamo trovati indicati due, l'albergo della Copa in un documento dell'anno 1352, e l'albergo della Campana in un ricordo amministrativo dell'anno 1421. Non siamo in grado però di potere determinare dove questi alberghi fossero situati.


Alberto Chiappelli da L'illustratore fiorentino (1836)-Guido Carocci – 1909 – pagg 23 e segg.






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lunedì 4 giugno 2018

Iconografie cosmologiche a Forte Belvedere





Firenze, Forte Belvedere

E' con il suono mistico e vibrante dell'antico strumento orientale, riprodotto da una delle opere esposte, che prende avvio l'imponente mostra antologica GONG dedicata a Eliseo Mattiacci (Cagli, 1940), indiscusso protagonista dell'arte contemporanea.



Considerato uno dei pionieri dell'avanguardia italiana della fine degli anni Sessanta, Mattiacci è artefice della sperimentazione e del rinnovamento in scultura, ispirato inventore di iconografie cosmologiche e di nuove relazioni spaziali e concettuali tra arte e natura, tra uomo e ambiente. Un esercizio pressoché sciamanico, volto a esplorare il sublime del cosmo, orbite di pianeti e di astri, ritmi e geometrie che appartengono all'universo infinito, per tracciare mappe stellari che adesso come milioni di anni fa funzionano in termini anche simbolici, rituali. GONG porta Firenze a confrontarsi ancora una volta con la sua immagine di città contemporanea, che assieme agli artisti riflette sulla storia civile e sul patrimonio artistico, sui grandi lasciti culturali del passato e sulla società attuale, sulla scienza e la spiritualità, soprattutto su poiesìs e techne.
Con uno tra i grandi maestri del nostro tempo, creatore di forme scultoree e tracciati grafici che hanno la forza di coniugare la dimensione del materialismo con quella del sogno metafisico, il mondo ctonio e quello degli infiniti spazi.



Una traiettoria quella di Mattiacci di coerenza e di libertà esemplari, di generosa resistenza e lirica potenza, una presenza indispensabile alla storia dell'arte a partire dalle prime creazioni con le quali ha sposato da artista e poeta il lavoro della terra e della tecnologia con la riattivazione dei miti e la contemplazione degli astri. Per giungere alle sue opere e installazioni più recenti con le quali l'artista marchigiano ha voluto consegnare al mondo la sua idea di cosmo, proseguendo un viaggio di scoperta e di meraviglia all'interno della natura e dell'universo che accomuna Lucrezio e Galileo Galilei, Giacomo Leopardi e lo stesso Mattiacci, poeti e artisti di ieri e di oggi. In stretta sinergia con la mostra al Forte di Belvedere, il Museo Novecento ospita alcune opere di Mattiacci visibili nelle sale del secondo piano del museo, a sancire una correlazione scientifica e progettuale tra gli spazi della Fortezza di San Giorgio e quelli all'interno delle Ex Leopoldine, in piazza Santa Maria Novella. (Dal depliant informativo)



Coordinate:  43°45'47.54"N,  11°15'13.26"E                     Mappe: Google - Bing




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