Guardando Firenze nei particolari da dietro l'obiettivo di una fotocamera.

giovedì 31 dicembre 2015

Crocifisso di Ognissanti

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Firenze, Chiesa di Ognissanti

Si entra nella chiesa d'Ognissanti sapendo che qui sono presenti opere d'arte di grandi artisti e tombe di tanti grandi e noti personaggi del passato, da Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi (Firenze, 1445 – 1510), meglio conosciuto come Sandro Botticelli, a Amerigo Vespucci  (Firenze 1454 - 1512), colui che dette il nome all'America, da Simonetta Vespucci (nata Cattaneo; ca. 1453 – 1476), ispiratrice di tanti quadri del Botticelli (come La Nascita di Venere e La Primavera)), a  Carolina Bonaparte (Ajaccio, 1782 – Firenze, 1839) moglie del Re delle Due Sicilie Gioacchino Murat, e tanti altri noti e meno noti. 
Ma ciò che colpisce di di più, tra tanta magnificenza di marmi policromi e ori, tele e affreschi, stucchi, volte e colonne, è il Crocifisso di 453 x 360 cm che risalta sullo sfondo in penombra, illuminato sapientemente tra gli archi del transetto di sinistra. E' un'opera attribuita per decenni, ma oramai quasi certa, a Giotto di Bondone (Vespignano, 1267 circa – 1337).  Leggiamo nella presentazione al restauro effettuato dall'Opificio delle Pietre Dure: "Il dipinto raffigura il Crocifisso secondo il tipo iconografico del Christus patiens, che si era affermato nel corso del Duecento in Toscana per influsso bizantino (da Giunta Pisano a Cimabue), nella versione però di totale umanizzazione della figura che lo stesso Giotto aveva inventato nella Croce giovanile di Santa Maria Novella (ca. 1285-90). Nei quadrilobi troviamo ai lati i due dolenti, la Vergine e San Giovanni, ed in alto il Redentore benedicente. E’ invece andato perduto in basso il piede trapezoidale che costituiva il necessario appoggio dell'opera e che verosimilmente raffigurava, secondo l'invenzione del Maestro, il Golgota con il teschio d'Adamo. La grande Croce era collocata sul tramezzo della chiesa fiorentina di Ognissanti, appartenente al tempo all'ordine degli Umiliati, insieme ad altre opere dell'artista quali la celebre Maestà, oggi agli Uffizi, e alla piccola tavola con la Dormitio Virginis attualmente a Berlino."

Coordinate:   43°46'21.89"N,  11°14'46.16"E                     Mappe: Google - Bing




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lunedì 28 dicembre 2015

Una scala nel cortile

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Firenze, Palazzo Strozzi, cortile

"L'arte contemporanea invade il cortile dì Palazzo Strozzi con la monumentale installazione Untitled (Project for Etchigo-Tsumari) dell'artista italiana Paola Pivi: uno coloratissima scala gonfiabile di oltre 20 metri di altezza che porta all'estremo il confronto tra antico e contemporaneo nel cortile rinascimentale del palazzo.
Quasi come in un paradossale "realismo magico", le opere di Paola Pivi sono tentativi di alterare la percezione ordinaria della realtà. Elementi comuni del lavoro dell'artista sono oggetti, animali o persone che, attraverso un cambiamento di contesto, dimensione o posizionamento, perdono ti toro significato originale e conducono in un mondo bizzarro e stravagante. Svuotata dì qualsiasi funzione pratica, sovradìmensionata, temporanea, fuori contesto, lo scala dì Paola Pivi diventa lo strumento di una salita non più fìsica ma metaforica dello sguardo e dell* emozioni del pubblico. L'artista crea uno shock convenzioni dello spazio e da luogo o nuovi e inaspettati significati."



Coordinate:  43°46'16.73"N,  11°15'6.79"E                 Mappe:   Google   -   Bing



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giovedì 24 dicembre 2015

I putti di Palazzo Quaratesi

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Firenze, via di San Niccolò

L'edificio nasce nel Quattrocento, per accorpamento di case corti mercantili preesistenti, come indica tra l'altro il portone vistosamente decentrato e la scansione delle finestre sul fronte, con una vistosa pausa tra il terzo e il quarto asse evidentemente causata da vincoli imposti dalle più antiche fabbriche. Lo si incontra passando da via di San Niccolò per andare, attraverso Piazza de' Mozzi, in via de' Bardi per sboccare infine a Ponte Vecchio. Si fa notare, il palazzo, per un alto fregio con festoni di foglie legati da nastri svolazzanti e sostenuti da sei puttini. Le quattro finestre al secondo piano mostrano ulteriori putti alati sempre reggenti ghirlande e, alle estremità, due scudi con l’arme dei Quaratesi (troncato d'azzurro e d'oro, all'aquila dal volo abbassato d'argento nel primo, sostenuta dalla partizione), a dichiarare la committenza dell'opera. Tra le finestre sono lesene corinzie (due tra il terzo e il quarto asse, a compensare il diverso intervallo) che proseguono anche al piano superiore, in ambedue i casi sorreggendo un architrave con un fregio ad ovoli su dentelli. Già indicati dalla letteratura del primo Novecento come opera di Andrea Feltrini (Firenze 1477 - 1548) e avvicinati a quelli del palazzo Lenzi Quaratesi di piazza Ognissanti, i graffiti pongono come consueto il problema di quanto sia giunto al nostro giorno di materia originale: nel 1911 il palazzo era segnalato in uno stato di estremo degrado, comunque con graffiti ancora discretamente leggibili; su questi si intervenne nel 1912.
I Quaratesi, originari di Quaranta nella Potesteria del Galluzzo, vennero ad abitare in Firenze nel Borgo di S. Niccolò, ove costruirono le loro case nelle quali i Bardi trovaron salvezza in occasione dell'assedio del 1343. In seguito possedettero anche il palazzo fatto costruire dei Pazzi, su disegno del Brunelleschi, in via del Proconsolo, quello già dei Busini in piazza d'Ognissanti.



Coordinate:  43°45'52.28"N,  11°15'32.21"E                      Mappe: Google - Bing




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lunedì 21 dicembre 2015

Le arti dell'Arcone

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Firenze, Piazza della Repubblica

Stanno lassù in  Piazza della Repubblica, piantate da oltre un secolo, quattro statue delle 'arti belle'. La prima ha in mano il martello e lo scalpello, la seconda il pennello e la tavolozza, la lira la terza, la matita e il taccuino la quara. A sinistra,  le prime due,  scultura e pittura, opere di Vincenzo Rosignoli (Assisi, 1856 – 1920), sono raffigurate nella foto in alto, mentre la musica e pittura si devono immaginare a destra. E' il grande Arcone, dell'architetto Vincenzo Micheli (Modena, 1833 – 1905) del 1895, che le sostiene e le mette in mostra tra cielo e terra, dono tra il divino spirito e l'umano ingegno.


Coordinate:  43°46'17.00"N,  11°15'12.72"E                      Mappe:  Google - Bing




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giovedì 17 dicembre 2015

Il fregio di via dei Bardi

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Firenze, via dei Bardi

Entrando in Via de' Bardi provenendo dal Ponte Vecchio, troviamo una casa abbastanza anonima tra tanti palazzi posseduti da nobili e ricche famiglie fiorentine, Bardi, di fronte a Palazzo Piccolomini, non distante da Palazzo Capponi delle Rovinate e Palazzo Canigiani. Situato a sinistra della via si fa notare, per chi non è distratto da altro ed è attento osservatore, per un fregio sopra ad un ingresso e una finestra. Un fregio in bassorilievo con figure di fattura antica. Che sarà mai? Leggiamo cosa ci racconta Guido Carocci (Firenze 1851 - 1916).  

"...Rammenterò qui; perché mi torna opportuno, come lo rammentai sul mio libro intitolato // Mercato Vecchio di Firenze (i) un ricordo che figura tra gli spogli preziosissimi di Leopoldo Del Migliore. Nel 1581, nello affondare un antico pozzo in Piazza della Luna, posta dietro all'antica chiesa di S. Maria in Campidoglio, si rinvennero : una bella testa di statua romana, dei frammenti di ornati ed un fregio bellissimo che il sig. Carlo Del Nero [copista ?] fece poi collocare all'esterno di una sua casa in Via de' Bardi, vicino al palazzo Capponi; e tuttora vi si vede..."
Da Il Ghetto di Firenze di  Guido Carocci  Pagg. 12 - 13


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Coordinate:  43°45'59.09"N,  11°15'18.93"E                                 Mappe: Google - Bing


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lunedì 14 dicembre 2015

Dentro e fuori dell'immaginaria valigia ripiena di ricordi

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Firenze, Giardino delle Rose

Il Giardino delle Rose, sotto il Piazzale Michelangelo, è sempre pieno di meraviglie. Dalla fioritura delle rose ampiamente fuori stagione, il che non è un buon segno per i cambiamenti climatici, ai panorami che offre sopra la città.

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La valigia di Folon (Uccle, 1934 – 2005)  racchiude uno scorcio brumoso invernale di luce soffusa nel tiepido mezzogiorno fiorentino. Riempiamo la valigia dei ricordi fiorentini e portiamola sempre con noi. 


Coordinate:  43°45'55.29"N,  11°15'17.72"E                      Mappe: Google - Bing




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giovedì 10 dicembre 2015

Un pezzo della Dolce Vita a Firenze

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Firenze, Piazzale degli Uffizi

Straordinaria mostra all'aperto, al Piazzale degli Uffizi, delle auto e moto che sono state protagoniste d'eccezione in alcuni film cult del recente passato. Qui sopra nella foto è la Triumph TR3 interprete non recitante ne 'La Dolce Vita' di Federico Fellini del 1960. Accanto ad essa abbiamo visto, fra le altre, la Ford Gran Torino della serie televisiva Starsky & Hutch, L'Alfa Romeo Duetto de 'Il Laureato', il Chopper Harley Davidson di 'Easy Rider', l'altra  Harley Davidson di 'Un Americano a Roma' cavalcata dal grande Alberto Sordi e quella del 'Vigile',  ed ancora  l' Harley Davidson di 'Giù la Testa', la guzzi Sport Sider di 'Don Camillo e i Giovani', per finire con la Guzzi S Side de 'Il Federale' con Ugo Tognazzi e l'indimenticabile battuta 'buca con acqua'. 

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Coordinate:   43°46'4.84"N,  11°15'19.42"E                     Mappe: Google - Bing




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lunedì 7 dicembre 2015

Arpie toscane

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Firenze, Piazza della Santissima Annunziata

Abbiamo già conosciuto le opere di Pietro Tacca (Carrara 1577 – Firenze 1640) presenti qui nella piazza  della Santissima Annunziata e altrove (Porcellino). Nato a Carrara da famiglia benestante. Pietro si innamorò dell'arte del disegnare e modellare accrescendo particolarmente questo suo amore quando ebbe l'avventura di restare rinchiuso, giovinetto, per una notte intera, nello studio di alcuni scultori  nella sua città natale, passando il tempo a copiare i lavori che qui erano raccolti : "... contento di sua disgrazia andava consumando quel giorno modellando, o scolpendo ". Si racconta che un amico di famiglia, "scultore, Jacopo Piccardi maestro scarpello da Rovezzano",  intercedesse affinché il Giambologna  (Jean de Boulogne, Douai, 1529 – Firenze, 1608)  lo accogliesse tra i suoi discepoli a Firenze- Grazie agli insegnamenti di questo grande maestro cominciò la sua fortunata carriera, essendo richiesto dai Granduchi fiorentini, dai Savoia, dal re di Francia, dal re di Spagna ecc.

"... dichiarò, che da indi innanzi dovesse la solita provvisione già assegnatagli servire per solo suo trattenimento a quella Corte, e che ogni opera, che e’ fosse per condurre dovesse essergli pagata per istima di periti, siccome troviamo, che fu dipoi sempre praticato particolarmente nelle due fonti di metallo destinate situarsi in sul molo di Livorno presso alli soprannotati colossi, per far acqua alle galere; al che essendosi per ragioni che a noi non sono note forte apposto, e contro il gusto del Tacca Andrea Arrighetti provveditore delle fortezze, e soprintendente delle fabbriche, fu poi dato loro luogo in Firenze, in sulla piazza della Santissima Nunziata ..... Ridusse anche a bella pratica il gettare di pezzi, e particolarmente nell’ occasione d’ incontrarsi certi sottosquadri, ne’ quali difficil cosa è il lavorare, e rinettare. e cosi gettando quelle parti spiccate con aggiungervi poi nuovo getto le commetteva, Usò sifatte diligenze , ed artifizj in ogni sua opera, ma particolarmente nel sopraddetto cavallo per Ispagna, e nell’ Arpie delle fonti della Nunziata, nelle quali le ritorte code son gettate di per se, e poi attaccate; onde è che a chi tal cosa non è nota fa parere impossibile, che elle possano essere state lavorate, e rinette in ogni parte con tanta pulitezza; inventò anche non più usate composizioni per far le forme per gettare il metallo, ed in somma tale fu la sua perizia in questo particolare del Getto, che trovandosi egli in Roma nella compagnia di S. Benedetto l’anno del Giubbileo 1625. abboccatosi col Bernino, assai notizie gli diede intorno a ciò, le quali da quel grande artefice furon molto gradite .... E finalmente Bartolommeo Salvini e Francesco Maria Bandini, che del 1627 si trovarono a dar principio all’ Arpie per le fonti di Livorno, che poi furon poste a Firenze nella piazza della Santissima Annunziata, come sopra accennammo..."

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"... Fra l’ altre cose di grande importanza, nelle quali con disegno, modello, e direzione del maestro, incominciò ad avere buona parte l’operazione del Tacca, fu il gran cavallo di bronzo per collocarsi in piazza della Santissima Nunziata; modellato cioè il cavallo da Gian Bologna nel 1601 e poi gettato nel 1603 e la statua del Gran Duca Ferdinando Primo modellata dal medesimo, e gettata nel 1605 e poi del 1608 pochi mesi dopo la morte del maestro, posto il tutto a luogo suo...."

Da Opere di Filippo Baldinucci: Notizie de' professori del disegno da Cimabue in qua - Di Filippo Baldinucci (1665-1717), Domenico Maria Manni (1690 – 1788) -  Edizione 1812



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giovedì 3 dicembre 2015

Rotonda Brunelleschi

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Firenze, via degli Alfani / via del  Castellaccio

La Rotonda del Brunelleschi (Firenze, 1377 - 1446) è conosciuta con altre denominazioni: Rotonda di Santa Maria degli Angioli, tempio degli Scolari, Castellaccio. 

"... Finalmente resta da osservarsi il principio di un Tempio dalla banda di Ponente sull'angolo del Castellaccio. Conviene ancor qui sentire il Vasari, che dice . „ Fece ( Filippo Brunellesco ) il modello del bizzarrissimo Tempio degli Angeli, per la nobile Famiglia degli Scolari, il quale rimase imperfetto, e nella maniera che oggi si vede, per avere i Fiorentini spesi i denari, che perciò erano in sul Monte, in alcuni bisogni della Città , o come alcuni dicono nella guerra, che già ebbero co' Lucchesi, nella quale spesero ancora i denari, che similmente erano stati lasciati per la Sapienza, da Niccolò da Uzzano  (Firenze, 1359 – 1431). E nel vero, se questo Tempio degli Angeli si finiva, secondo il modello del Brunellesco, egli era delle più rare cose d'Italia, perciocché quello che se ne vede, non si può lodare a bastanza. Le carte della Pianta, e del finimento del quale Tempio a otto facce, di mano di Filippo, è nel nostro Libro, con altri disegni del medesimo.„ Ora devesi sapere in schiarimento di quanto dice il Vasari, che Matteo di Stefano delli Scolari Cavaliere e Despoto di Rascia, dice il Migliore, aveva con suo Testamento dell' anno 1426. fatto nella Città di Varadino, disposto che si dovesse erigere un Monastero all' Ordine di Camaldoli; e similmente Andrea di Filippo Scolari Vescovo di quella Città un altro della stessa Regola; e siccome l' esecuzione di ciò fu lasciata a Pippo Spano delli Scolari Conte di Temesvar, egli che dovè tornare in Ungheria ne assegnò la cura all' Università de' Mercatanti detta di Calimala; questi Consoli considerata però la spesa nel fare due edifizi di tanto rilievo, e che il danaro assegnato non era bastante , ottennero da Papa Martino V. , per mezzo di D. Ambrogio Generale de' Camaldolesi, la dispensa, che in vece di due Monasteri si formasse un sacro Tempio con la massima decenza, e così fu principiato il suddetto Tempio, come dice il Vasari , e che porta altresì la causa dell' essere rimasto imperfetto . Perché si mantenga la memoria di questa magnifica Fabbrica, diremo, che doveva essere di forma ottagona, da collocarsi in ciascheduno de' lati una Cappella, e che il diametro suo si distendesse 30. braccia, e dal piano alla sommità , che si doveva serrare a cupola con lanterna sopra, si sarebbe alzata fino in 46.
Vi è ricordo che il Gran-Duca Cosimo I. ebbe in pensiero di terminare questa fabbrica, ed in vece di sacro Tempio ridurla per sala dell' accademia del disegno; ma questa sua grandiosa intenzione fu impedita da altre circostanze . E con dispiacere si può soggiungere ora, che questa Fabbrica lasciata alla discrezione delle ingiurie del tempo, e senza alcuna maniera di riguardo è danneggiata grandemente, e va senza dubbio a perdersi. ..."  


Da Firenze antica, e moderna illustrata, Volume 4 - Di V. Follini,M. Rastrelli -1792 - pgg 88 / 90




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