Guardando Firenze nei particolari da dietro l'obiettivo di una fotocamera.

giovedì 31 marzo 2016

Palagio di Parte Guelfa

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Firenze, Palagio di Parte Guelfa

Una foto che sembra il particolare di un quadro o un affresco del XV secolo. Qui siamo al  Palagio di Parte Guelfa in fondo o all'inizio di Via Pellicceria. Il Palagio, le cui origini risalgono al XII secolo, dopo varie vicissitudini, oblio, distruzioni, rifacimenti e restauri oggi ospita nelle sale monumentali convegni e manifestazioni artistiche, culturali e scientifiche, nonché la sede dell'organizzazione del Calcio storico fiorentino e del corteo storico della Repubblica fiorentina e dell'Arciconfraternita di Parte Guelfa.


Coordinate:  43°46'10.76"N,  11°15'12.71"E                      Mappe: Google - Bing




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martedì 29 marzo 2016

I buoi del Carro

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Firenze, Piazza del Duomo

"Tra le feste religiose che sono in uso tra noi è notabile quella del Sabato Santo, detta volgarmente lo scoppio del carro. La tradizione racconta che Pazzino dei Pazzi, salito il primo sulle mura di Gerusalemme nella crociata del 1088, n' ebbe in premio da Goffredo l'arme dei Buglioni e alcune scaglie della pietra del Santo Sepolcro, le quali recate in Firenze servirono ad accendere il fuoco benedetto. Ma Giov. Villani narra soltanto che «il fuoco benedetto nel Sabato Santo si spande per tutta la città, al modo che si faceva in Gerusalemme, che per ciascuna casa andava uno ad accenderlo, e da quella solennità venne alla casa dei Pazzi la dignità che hanno sulla gran facellina, intorno fa di 150 anni, per un loro antico nomato Pazzo, forte e grande della persona, che portava maggior facellina che null'altro, et era il primo che prendesse il fuoco santo, e poi gli altri da lui.» Comunque siasi, pare che i Pazzi per trasportare il fuoco sacro alle case dei cittadini usassero in seguito un carro, il quale divenuto sempre più grande e carico d'ornamento, giunse a tal mole da esservi bisogno di quattro buoi per tirarlo. Questo carro corredato di mortaletti è condotto la mattina del Sabato Santo sulla Piazza del Duomo davanti alla porta di mezzo della Cattedrale, e vien tirata una corda dal carro al coro, perché vi scorra sopra la colombina: dopo di essa si accendono i fuochi artifiziali. Questo segue quando la messa è giunta al Gloria, ed allora allo scoppio dei mortaletti si uniscono le grida festose della moltitudine e il suono di tutte le campane della città sciolte dopo lungo silenzio. Quindi lo stesso carro vien condotto al Canto de' Pazzi, ove s'incendia il rimanente dei fuochi artifiziali.
Da 'Notizie e guida di Firenze e suoi contorni' - Emanuele Repetti, 1841


Ai giorni nostri il tradizionale 'Scoppio del Carro' si svolge nel giorno di Pasqua tra le 10 e le 11 del mattino. Il Brindellone, questo è il nome che i fiorentini hanno dato al Carro e da questo per estensione ad ogni essere umano che abbia un incedere barcollante e incerto, è stato portato dal suo ricovero in Via del Prato sin tra il Battistero e il Duomo da due coppie di buoi addobbati a festa. La tradizione vuole che giochi pirotecnici siano innescati dal volo di un razzo a forma di Colombina che dall'altare del Duomo arriva fino al Carro. Sin dai tempi antichi i fiorentini traggono auspici favorevoli o meno sui raccolti e l'umana convivenza per l'anno nuovo a seconda di come sia andato il volo della Colombina. Quest'anno sarà un anno favorevole considerando che l'innesco è arrivato a destinazione senza intoppo accendendo i fuochi, anche se non si è attivata  la girandola sulla sommità del Carro non permettendo  di aprire i tre piccoli gonfaloni. Si sono aperti il gonfalone dell'Opera del Duomo e della famiglia dei Pazzi ma è rimasto chiuso e un po' sbruciacchiato quello con il giglio rosso in campo bianco, simbolo di Firenze. Ma su questo specifico intoppo niente dice la tradizione e nulla incide sugli auspici ottimistici.


Coordinate:  43°46'23.78"N,  11°15'20.18"E                      Mappe: Google - Bing




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giovedì 24 marzo 2016

La pensilina

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Firenze, Piazza del  Mercato Centrale 

Pochi giorni fa è (ri)comparsa una pensilina nuova di zecca dalle caratteristiche e stile ottocentesche, con i pilastri snelli e sottili apparentemente in ghisa. Si intona perfettamente allo stile delle strutture del Mercato Centrale, costruzione che si rifà all'epoca del Risanamento, periodo nel quale Firenze divenne Capitale del Regno d'Italia alla fine del XIX secolo, esattamente dal 1865 al 1871. La struttura del Mercato fu progettata da Giuseppe Mengoni (1870-1874), l'architetto della Galleria Vittorio Emanuele II di Milano, che si ispirò alle Halles parigine.
C'è chi dice che questa pensilina riprende il suo posto dopo decenni di assenza, rimossa in una data che non è ben 'certificata' dalla memoria. Era davvero così e in quella posizione? Quello che è certo è che il primo gennaio del 2016 lo spazio era vuoto e libero perfino dalle bancarelle.



Coordinate:  43°46'35.93"N,  11°15'14.32"E                      Mappe: Google - Bing




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lunedì 21 marzo 2016

Da così a così

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Firenze, Via Antonio Magliabechi

Da Piazza Cavalleggeri per andare in Piazza Santa Croce si deve passare per  Via Antonio Magliabechi, dove a destra è la Biblioteca Nazionale e a sinistra alcuni palazzi storici come palazzo Doni e alcuni palazzi nati a seguito dello sventramento di antiche case proprio per fare spazio alla nuova biblioteca tra il 1911 e il 1935. La facciata di uno di questi era diventata completamente illeggibile anche se si intravedevano ancora, sia pure a fatica, decorazioni e grafiti in ricordo di un antico splendore. Ora il restauro appena concluso offre l'immagine di una splendida facciata quale la si poteva ammirare un centinaio di anni fa.



Coordinate:   43°46'4.57"N,  11°15'41.39"E                     Mappe: Google - Bing




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giovedì 17 marzo 2016

Riappare la coda del geco

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Firenze, Piazza de' Giudici

Un piccolo bronzetto raffigurante un geco con la coda a forma di serpente crestato è collocato a ridosso della colonna che ha funzione di meridiana. Situata in  Piazza de' Giudici di fronte all'entrata del Museo Galileo,  l'ombra del mezzogiorno della sfera in vetta alla meridiana, indica il segno zodiacale tracciato sul terreno. Si ricorderà che segnalammo quando il geco fu sfregiato, amputato della sua coda serpentiforme, qualche anno fa. Adesso siamo contenti di segnalare che il geco sia tornato ad essere integro così come era stato progettato.


Coordinate:   43°46'3.19"N,  11°15'21.69"E                     Mappe: Google - Bing




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lunedì 14 marzo 2016

Il giglio punta verso la cupola

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Firenze, Piazzale Michelangelo

Da poco hanno ridotto il parcheggio per le auto a Piazzale Michelangelo a solo pochi posti, lasciando un grande spazio libero, occupato parzialmente da un'aiuola verde che delinea le forme del giglio fiorentino. Un'ideale freccia che parte dal giglio per arrivare quasi esattamente alla cupola del Brunelleschi, nel cuore di Firenze.



 Coordinate:    43°45'46.17"N,  11°15'52.57"E                               Mappe: Google - Bing




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giovedì 10 marzo 2016

Quando le truppe di Carlo V

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Firenze, Via di Novoli

"Chi dalla piazza di S. Jacopino in Polverosa, piglia la via chiamata Maragliano andando a traversare il ponte S. Donato, arrivato a buon punto della via medesima vedrà un vecchio campanile di forma quadra con finestre a bifore, terminato a cuspide, il quale mostrandosi dalla proda occidentale del famoso parco Demidoff, in via di Novoli, rammenta una chiesa vecchia, vogliamo dire la chiesa di S. Donato a Torri, detto in Polverosa, resa celebre particolarmente per due fatti antichi che la storia fiorentina registra con giusta soddisfazione.
Ebbe S. Donato un Monastero, dove i canonici regolari di S. Agostino abitarono sin dal 1187. La chiesa loro fu consacrata nel febbraio del 1188; ed in questa circostanza venne a Firenze Gerardo arcivescovo di Ravenna e delegato del papa Clemente III, il quale arcivescovo predicò la seconda crociata ai fiorentini chiamati a prestar giuramento, e dopo tal predica il priore di S. Donato (Allora era la chiesa Parrocchia suburbana) consegnò al duce fiorentino Pazzo de' Pazzi quella bandiera fregiata della croce del popolo, la quale fu tanto gloriosa nelle guerre sante. Quest'insigne cittadino di Firenze, secondo scrivono gli storici, si recò in Terra Santa conducendovi 2500 crocesegnati fiorentini; e nella espugnazione di Gerusalemme « egli fu primo di sua nazione a scalar le mura, e inalberare lo stendardo maggiore della sua schiera . » II fatto mentre grandemente illustrò una delle nostre più nobili famiglie, non meno vanto procacciò a Firenze, tra' cui figli eroi ha sì bel posto la figura di Pazzo de' Pazzi.
Un altro fatto storico, onde trasse celebrità il Monastero di S. Donato, fu l'arrivo in Firenze di quei Frati Umiliati che ci portarono l'Arte della lana. Essi frati giunsero quaggiù verso il 1239, e fu loro prim'ostello il Convento di S. Donato dal quale partivano i canonici Agostiniani. Ivi abitarono gli Umiliati sino al 1251, nel quale anno si trasferirono a S. Lucia sul Prato, e monsignor Giovanni Mangiadori, vescovo di Firenze, dette il Convento di S. Donato alle monache Agostiniane di S. Casciano a Decimo. Di quanto decoro, e di quali ricchezze tornasse al Comune di Firenze l'Arte della lana, a noi basta ricordarlo.  
Non per questo il celebre Monastero andò esente da' suoi tristi: le monache dovettero fuggire nel 1525, perché Castruccio degli Antelminelli  vi condusse le truppe lucchesi dopo la vittoria d'Altopascio, le quali truppe vi fecero non pochi danni; ma sorte peggiore gli toccò nel tempo dell'assedio (1529-30), quando servì di caserma alle truppe tedesche di Carlo V     [Gand 1500  - 1558], e di' quartiere al comandante loro, il conte di Landron;

Sala di Clemente VII Palazzo Vecchio, su disegno di Giorgio Vasari, Giovanni Stradano Firenze

assediato il popolo di Firenze, quei bravi soldati provavano gran diletto a sciupare le pitture del Monastero di S. Donato, e come se nulla fosse sciuparono persino lo stupendo Cenacolo che v'era stato dipinto da Masaccio [1401 – 1428].
Quanto al popolo di questo suburbio, visse sempre modesto e meschino di lavori campestri, ingentiliti, da parte delle donne, colla filatura, col telaio, e colla treccia. Nel 1749 però gli fu soppressa la parrocchia, perché i parrocchiani non contavano che 280, onde si può dire che tutta l'importanza locale consisteva nel Monastero; ed anch'esso dipoi scomparve quando il governo Bonaparte l'abolì cogli altri.    


Dopo il 1814, tornato il governo Lorenese, dette questi ai frati di S. Croce il Monastero con tutti gli adiacenti poderi, e dai frati di S. Croce lo comprarono i Demidoff siccome nella prima parte abbiamo detto.

Da Firenze ai Demidoff; Pratolino e S. Donato, relazione storica e descrittiva, preceduta da cenni biografi sui Demidoff, che sino dal secolo XVIII esisterono, di Cesare Da Prato, pubblicato nel 1886



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lunedì 7 marzo 2016

Quel che resta del parco e della villa

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Firenze, Via San Donato

Probabilmente la Cappella Demidoff è l'ultima architettura che sopravvive alla grande villa e al parco che circondava la sontuosa residenza dei Demidoff, voluta da Nicola Demidoff (San Pietroburgo, 1773 – Firenze, 1828), ambasciatore a Firenze dello Zar Alessandro. Acquistando un terreno paludoso nei pressi della chiesa di San Donato in  Polverosa la trasformò in una delle più belle residenze ottocentesche della città. Iniziata nel 1822 dall'architetto Giovan Battista Silvestri (Firenze, 1796 – 1873), in stile neoclassico, venne terminata dal figlio di Nicola, Anatolio Demidoff (Firenze, 1812 – 1870).  La Cappella Demidoff di San Donato, costruita ispirandosi al Pantheon di Roma, è attualmente utilizzata come chiesa di una confessione religiosa.


Coordinate:   43°47'17.98"N,  11°13'32.41"E                     Mappe: Google - Bing




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giovedì 3 marzo 2016

I Visacci e brutti visi

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Firenze, Borgo degli Albizi 18- 20, Palazzo Altoviti Sangalletti
Palazzo Valori, palazzo dei Visacci, palazzo Guicciardini  

Il palazzo si definisce come tale nella prima metà del Cinquecento, attraverso la riunificazione di varie case medioevali che comprendevano la dimora di Rinaldo degli Albizi. Il carattere attuale dell'insieme risale alla fine del Cinquecento, quando il colto senatore Baccio Valori il Giovane, nuovo proprietario del palazzo e custode della biblioteca Mediceo Laurenziana, oltre che presidente dell'Accademia delle Arti del Disegno, fece ridisegnare la facciata presumibilmente dall'architetto e scultore Giovanni Battista Caccini (Montopoli in Val d'Arno, 1556 – 1613), decorandola, sulla base di un programma iconografico da lui stesso definito, con erme raffiguranti fiorentini illustri nelle scienze e nelle arti, terminate nel 1604.

"...Il palazzo Altoviti, che un tempo apparteneva a quel Rinaldo degli Albizzi di cui tanto parlano le storie , è detto dal popolo di Firenze il palazzo dei Visacci. Son questi venti ritratti in rilievo di illustri Fiorentini, fatti apporre sulla facciata dal Senatore Baccio Valori, bibliotecario della Laurenziana, il quale credette con ciò di educare il popolo a riverire la memoria de' suoi più illustri concittadini; ma il popolo , che guarda più alle apparenze che alla realtà, trovò que' visi un po' strani, e li chiamò i visacci, come il popolo di Milano chiamò gli omenoni que' quattro colossi che stanno sulla facciata della casa posta nella contrada detta appunto degli Omenoni, da questi quattro giganti cavati dal poema dell' Ariosto. E poi fidatevi della riverenza del popolo nell' esporgli i' ritratti dei grandi uomini, o degli uomini grandi, come volete...."
Da Cento settimane di viaggi; ossia, Amenità dei viaggi fatti in tutte le parti del mondo – Tomo Decimoterzo - Bologna 1838. Viaggio in Tosca pag.212




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