Guardando Firenze nei particolari da dietro l'obiettivo di una fotocamera.

lunedì 29 gennaio 2018

La scalinata barocca del Giardino Bardini




Firenze, Via De' Bardi 1

Al Giardino Bardini si può accedere da Via de' Bardi o da Costa San Giorgio. Noi abbiamo scelto la prima preferendo salire dolcemente per viottoli e orti, tra ombre e luce in una mattina invernale. Con le spalle agli stupendi scorci del panorama che ci offre Firenze sempre più lontana e sempre più in basso allargando l'orizzonte che si apre ai nostri occhi che non finiscono mai di incantarsi, mai sazi delle mille cose conosciute e di mille e mille da scoprire ancora.
Dal sito della Villa prendiamo alcune note.
La storia del Giardino Bardini è la storia di una parte di Firenze: quattro ettari di bosco, giardino e orto frutteto a contatto con le mura medievali della città, tra Costa San Giorgio e Borgo San Niccolò.
La prima fase storica dell’area verde Bardini risale all’età medievale e vede protagonista la ricchissima famiglia Mozzi la quale, già nel Duecento, era proprietaria di numerose case e terreni tra cui la cosiddetta “collina di Montecuccoli”, dove si estende attualmente il Giardino.
Agli inizi del Trecento, con il tracollo economico della famiglia, i possedimenti vennero acquistati dal Comune di Firenze, per poi ritornare nelle mani dei Mozzi nel 1591. A quel tempo il complesso era costituito dal palazzo principale dotato di una loggia e da un giardino murato retrostante l’edificio (hortus conclusus) e confinante con un’area scoscesa strutturata in terrazzamenti di tipo agricolo. Tale struttura persiste nel Quattrocento e nel Cinquecento, come documentano le vedute prospettiche del tempo.
Nel Seicento l’area oggi occupata dal giardino Bardini è suddivisa in due proprietà: ai Mozzi la parte Est e a Giovan Francesco Manadori la parte ovest, dove viene fatta costruire per opera dell’architetto Gherardo Silvani la Villa Manadora, edificio che già all’epoca veniva ammirato per la straordinaria vista sulla città.
Nel Settecento tale proprietà viene venduta dagli eredi del Manadori alla famiglia Cambiagi per poi passare all’inizio dell’ ottocento a Luigi Le Blanc e a suo figlio Giacomo. I due possedimenti vengono gradualmente abbelliti, sfruttando la posizione panoramica del luogo. Giulio Mozzi, grande appassionato di giardini, contribuisce alla nuova decorazione della scalinata che viene arricchita dai fondali a mosaico con fontane e dalle statue in arenaria di personaggi in costumi campestri, ancora oggi presenti.




All’inizio dell’Ottocento la proprietà e la struttura del giardino sono ancora frazionate. I Mozzi possiedono la parte centrale dell’area, ovvero la grande scalinata con il prato antistante e la parte agricola. Luigi Le Blanc  possiede la parte a bosco, da lui trasformata in un moderno giardino anglo-cinese, e la Villa, detta all’epoca “del Belvedere,” arricchita dal nuovo giardino con un lago, una cascata e una fontana. Risale a questo periodo anche la Kaffehaus, con sala circolare e grotta sottostante (ancora esistente), gemellata con un’analoga struttura nella parte di proprietà dei Mozzi.
 Nel 1839 le due proprietà vengono unite con l’acquisto da parte della famiglia Mozzi della proprietà Le Blanc. Tuttavia, nel corso del secolo, la proprietà incorse in un inesorabile declino, a causa delle difficoltà economiche della famiglia. Nel 1880 il complesso, ormai in stato di abbandono, viene espropriato all’ultimo erede della famiglia Mozzi e acquistato dai principi Carolath von Beuthen, che ne saranno proprietari fino al 1913,  dotando il giardino di elementi di gusto vittoriano.
Agli inizi del Novecento avviene quindi il passaggio della proprietà dalla famiglia von Beuthen a Stefano Bardini che, subito dopo l’acquisto, rinnova l’intero complesso per adeguarlo alle proprie esigenze di rappresentanza e lo utilizza come uno spettacolare “showroom” all’aperto,  conferendogli uno stile ancora più eclettico di quanto già non avesse.
Il giardino, arricchito da elementi decorativi di varia provenienza assemblati col gusto tipico del collezionista che nulla esclude, diventa così un labirinto di tranelli per il conoscitore d’arte che stenta a riconoscere i materiali veri da quelli falsificati, i rimontaggi con inserimenti moderni dalle opere autentiche.
La costruzione di un viale per raggiungere la villa e la conseguente demolizione dei giardini murati, l’accorpamento degli edifici sulla costa S.Giorgio e la costruzione di una loggia sul Belvedere, inserita tra i due padiglioni dell’antica Kaffehaus, sono alcune tra le modifiche più evidenti volute dall’antiquario Bardini, in quella che fu la stagione più intensa del giardino.
Nel 1965, con la morte del figlio di Stefano Bardini, Ugo, ha inizio un lungo e complicato iter burocratico sull’eredità, conclusosi solo nel 2000 con l’interessamento dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, attraverso la Fondazione Parchi Monumentali Bardini Peyron, che gestisce attualmente la proprietà.
Oggi  il Giardino Bardini, dopo quasi cinque anni di minuzioso restauro, riapre finalmente i suoi cancelli, riportando alla luce un importante percorso storico che ritrae l’interessante complesso nelle fasi e nelle trasformazioni subite nel tempo.



Da non perdere il Museo Bardini situato in basso in  Piazza de' Mozzi di cui abbiamo già raccontato qualcosa.



Coordinate:  43°45'49.90"N,  11°15'26.86"E                     Mappe: Google - Bing




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lunedì 22 gennaio 2018

Il Palazzo de' Frescobaldi





Firenze, Piazza de' Frescobaldi 1

Appena finita di restaurare la facciata di quel palazzo che oggi ospita l'istituto Magistrale Gino Capponi, fu un tempo prestigioso palazzo di proprietà dei Frescobaldi, la nobile e ricca famiglia che finanziò la costruzione del Ponte di Santa Trinita, posto accanto, prima realizzato in legno e poi in pietra per resistere alle piene dell'Arno
Il palazzo fu incendiato nel Trecento, quindi ricostruito e poi alla fine del Cinquecento (1575) incorporato nel convento dei Canonici Regolari Agostiniani, annesso all'adiacente chiesa di San Jacopo Sopr'Arno. Quindi, trasformato radicalmente su progetto dell'architetto cortonese Bernardino Radi (Cortona, 1581 - 1643), con un cantiere aperto attorno al 1640 e finanziato da Ferdinando II (Firenze, 1610 – 1670, che portò a definire sia i due prospetti sia il grande chiostro. 
Nel 1703, per volere di Cosimo III (Firenze, 1642 – 1723), l'ordine fu soppresso e nel convento subentrarono i Padri della Congregazione della Missione (ecco l'altro nome con cui è conosciuto il palazzo, Palazzo della Missione), padri soprannominati a Firenze Barbetti per la foggia della barba alla francese, provenienti da Roma. Per esigenze di spazio nel 1709 il palazzo fu ampliato con l'aggiunta di un terzo piano. 
Soppresso il convento nel 1808, venne ripristinato nel 1816, quindi occupato dal Governo italiano e passato al demanio dello Stato nel 1866. In questo stesso anno, dopo alcuni lavori di adeguamento diretti da Giovanni Castellazzi, essendo assurta Firenze a Capitale d'Italia (1865-1871), buona parte dell'edificio fu occupato dagli uffici del Ministero della Marina "perché avesse percezione dell'acqua", infatti l'Arno scorre proprio accanto.



Questo quadro di Giuseppe Zocchi (Firenze, 1711 – Firenze, 1767) mostra come era nel Settecento Palazzo Frescobaldi, visibile a destra, poi Ponte di Santa Trinita, e, sullo sfondo si riconoscono, Ponte Vecchio e Palazzo Vecchio.



Coordinate:   43°46'6.52"N,   11°15'0.28"E                   Mappe: Google - Bing




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lunedì 15 gennaio 2018

Una tela di Ottone Rosai e una strada





Firenze, Via Toscanella

Via Toscanella è una via che corre quasi parallela a Piazza Pitti separata da questa da abitazioni signorili e non, partendo dallo Sdrucciolo de' Pitti e arrivando a quella piazza dal nome alquanto evocativo ed esplicito, Piazza della Passera. Importante dal punto di vista storico è Via Toscanella poiché qui nacquero o vissero importanti personaggi del passato, da Giovanni Boccaccio (Certaldo, 1313,  1375) a Paolo dal Pozzo Toscanelli (Firenze, 1397 – 1482) e Ottone Rosai (Firenze, 1895 – 1957).  Di quest'ultimo grande pittore abbiamo già visto dove abitò dal 1933 al 1957 dopo essersi trasferito appunto da Villamagna e  via Toscanella dalla quale trasse ispirazione per uno dei suoi quadri. Qui sotto vediamo la riproduzione di quel quadro in una cornice appesa fuori a un ristorante nelle cui fondamenta è l'altrettanto famoso Pozzo Toscanelli ancora visibile attraverso un vetro posto sul pavimento appena oltre l'ingresso.




Coordinate:  43°45'58.87"N,  11°14'59.21"E                    Mappe: Google - Bing




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lunedì 8 gennaio 2018

Una lapide in ricordo di Savonarola dove era il tassello del Saracino





Firenze, Piazza della Signoria

Firenze potrebbe essere letta come un libro, una pagina dopo l'altra da sfogliare strato dopo strato partendo dalla superficie del suolo. Si risalirebbe così all'epoca medievale, romana, etrusca e forse anche all'epoca villanoviana o ancor prima, preistorica. Piazza della Signoria è il luogo ideale per sfogliare questo libro, lo si è già fatto anche nel recente passato, trovando le pavimentazioni, i  muri mozzati, le suppellettili e i manufatti di chiese, case, botteghe artigiane ed le ossa dei nostri antenati poco più in là dietro gli Uffizi. Questa foto mostra la copertina del libro di oggi, quella che ogni giorno migliaia di turisti e concittadini indaffarati percorrono incessantemente. Questo è il luogo dove venne strangolato il frate domenicano ferrarese Girolamo Savonarola (Ferrara, 1452 – Firenze, 1498) , chiamato dapprima dal Magnifico (Firenze, 1449 - 1492) nella sua chiesa di San Lorenzo nel 1482. Frate che incise tanto nella storia di Firenze con le sue prediche contro la chiesa corrotta (e non solo)  fino al suo esito finale nella piazza, qui dove è la pietra, dichiarato eretico, strangolato e il suo corpo bruciato. Perchè fu bruciato proprio qui? Un punto della piazza del tutto particolare, non proprio nel cento, non proprio di fronte alla facciata di Palazzo Vecchio, ma un po' defilato. E' qui dove un tempo era posto il tassello sul punto dove era fissato ed eretto il saracino in occasione della 'Giostra del Saracino' che ancor oggi si disputa ad Arezzo e non più a Firenze. Manifestazione cavalleresca tipica del Medioevo che consisteva nel colpire con una lancia l'effige di un moro centrando lo scudo. L'abilità del cavaliere, lanciato a tutta velocità sul suo destriero, consisteva sia nel colpire lo scudo che nell'evitare di essere colpito a sua volta dalla mazza ferrata incatenata sul braccio della manichino che roteava per reazione al colpo inferto dalla lancia al centro dello scudo. Il segno, il tassello, nella piazza dell'infedele, ovvero il Moro, il Saracino, fu sostituito a Firenze dalla lapide dell'eretico rinascimentale, accusato senza colpa (in attesa di riabilitazione), nella piazza più importante della città.

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QUI
DOVE CON I SUOI
CONFRATELLI FRA DOMENICO
BUONVICINI E FRA SILVESTRO
MARUFFI IL XXIII MAGGIO
DEL MCCCCXCVIII PER INIQUA
SENTENZA FU IMPICCATO ED ARSO
FRA GIROLAMO SAVONAROLA
DOPO QUATTRO SECOLI
FU COLLOCATE QUESTA
MEMORIA 
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Attribuzione a Francesco Rosselli (1445 -  1513 ) 1498 tavola, Museo San Marco 



Coordinate:  43°46'10.65"N,  11°15'20.66"E                      Mappe: Google - Bing




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martedì 2 gennaio 2018

Gli Uffizi di notte





Firenze, gli Uffizi

E' piuttosto strano non vedere una lunga fila di visitatori in attesa di entrare in uno dei musei più famoso al mondo e la sera, la notte sono le uniche occasioni per poter gustare le architetture, gli scorci, le fughe prospettiche senza il fiume dei pazienti turisti provenienti da tutto il mondo. 

"Fra i maggiori musei del mondo, la Gallerìa degli Uffizi è una delle più antiche sorte in Europa secondo una concezione moderna di museo, cioè di uno spazio espositivo ordinato sistematicamente e destinato anche al pubblico. Già due secoli prima della sua apertura ufficiale nel 1765 la Galleria risulta visitatele su richiesta: nel 1591 la guida dì Firenze di Francesco Bocchi la dice infatti "fra le più sovrane bellezze... al Mondo", " piena di statue antiche, di pitture nobilissime e di preziosissimi arnesi". Essa si forma, è bene ricordarlo, nella città che da tempo e per prima ha ripristinato un termine in disuso da secoli: museo, per gli antichi greci luogo consacralo alle Muse, nella Firenze laurenziana indica la collezione di sculture antiche del Magnifico (1449-1492) nei giardino di San Marco. Artisti come Leonardo (Vinci, 1452 - 1519) e Michelangelo (Caprese Michelangelo, 1475 – 1564) vi si radunano "per bellezza, per studio e per piacere". Ce lo racconta Giorgio Vasari (Arezzo, 1511 – 1574), architetto degli Uffizi ma anche autore di quelle vite di artisti, pubblicate nel 1550 e nel 1568, di cui spesso si farà menzione in questa guida.
Le origini degli Uffizi risalgono al 1560, quando su richiesta di Cosimo I de' Medici (Firenze, 1519-1574) Vasari progetta un grande palazzo a due ali, "sul fiume e quasi in aria", che ospiti le Magistrature, ovvero gli uffici amministrativi e giudiziali (Uffizi) del ducato di Toscana. Cinque anni dopo lo stesso Vasari realizza in pochi mesi la galleria aerea che collegando gli Uffizi alla nuova residenza medicea di Palazzo Pitti passa tuttora sopra Ponte Vecchio e la chiesa di Santa Felicita per sboccare nel Giardino dì Boboli. Si crea così col Corridoio vasariano una relazione urbanistica unica al mondo: i punti nevralgici della città, il fiume, il ponte più antico, i centri del potere, uniti in uno spettacolare percorso sopraelevalo, allora ad uso esclusivo della corte.
Ma è al figlio di Cosimo, Francesco I (Firenze, 1541-1587), che si deve il primo vero nucleo della Galleria. L'introverso granduca ha già allestito uno Studiolo con dipinti e oggetti preziosi nella residenza di Palazzo Vecchio, poi collegato anch'esso agli Uffizi da un passaggio sopraelevato. Verso il 1581 trasforma in Galleria, luogo dove "passeggiare, con pitture, statue e altre cose di pregio", l'ultimo piano degli Uffizi, e nel 1586 fa realizzare all'eclettico Bernardo Buontalenti [Firenze, 1531 – 1608] il Teatro mediceo, luogo di memorabili spettacoli corrispondente in altezza al primo e secondo piano attuali del museo, dove ora sono le raccolte di grafica e altre sale espositive. I.a Galleria viene chiusa da ampie vetrate, ornala di sculture antiche e di affreschi nei soffitti. Ma l'idea più geniale è la Tribuna: uno spazio, anche simbolico, insolito e avvolgerle, con la cupola ottagonale incrostata di conchiglie, ricco di opere d'arte e arredi illuminati dall'alto. Vicino alla Tribuna è un terrazzo che nel 1589 verrà chiuso dal granduca Ferdinando [Firenze, 1549 – 1609], fratello di Francesco, per divenire la Loggia delle Carte geografiche (Sala 16). Al termine dell'altra ala della Galleria, oltre la Fonderia e diversi laboratori, viene allestito un giardino pensile sopra la Loggia dell'Orcagna.
Oggi gli Uffizi vantano un patrimonio artistico incomparabile: migliaia di quadri dall'epoca medievale a quella moderna, sculture antiche, miniature, arazzi; una galleria unica al mondo di autoritratti, in costante accrescimento anche con acquisizioni e donazioni di artisti contemporanei al pari di un'altra sua eccezionale raccolta, nella città che per tradizione vanta il "primato del disegno", quella del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe.
Se a buon diritto la Galleria degli Uffizi può dirsi "il museo per eccellenza", non è tuttavia solamente per gli splendidi ambienti e per i suoi capolavori. Sono le origini delle sue raccolte, la sua storia che ha più di quattro secoli, a essere uniche perché intrecciate con le vicende della civiltà fiorentina."

Da Gli Uffizi. La guida ufficialeGloria Fossi - ‎2010



Coordinate:   43°46'6.61"N,  11°15'20.07"E                     Mappe: Google - Bing




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