Guardando Firenze nei particolari da dietro l'obiettivo di una fotocamera.

mercoledì 26 febbraio 2014

Le sfumature nei secoli

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Firenze, Piazza Santa Croce, Palazzo dell'Antella


Per un altro post rimaniamo ancora in Piazza Santa Croce. Attraversando la piazza ci dirigiamo verso il centro, verso Palazzo Vecchio. Vediamo sulla sinistra un palazzo,  Palazzo dell'Antella, che gioca stupendamente con la prospettiva (ignoto l'autore cinquecentesco, noto invece  l'architetto Giulio Parigi, Firenze, 1571 – Firenze, 1635, che all'inizio del '600 dette unità ai palazzi contigui), un gioco ideato per 'ingannare' l'occhio ed amplificare la eleganza dell'architettura. Qui una foto in dettaglio di una parte dell'affresco che copre quasi tutta la superficie esterna del mirabile palazzo, opera realizzata in sole venti settimane da tredici giovani artisti sotto la direzione di Giovanni da San Giovanni (San Giovanni Valdarno, 1592 – Firenze,1636) tra il 1619 e il 1620.



Coordinate:   43°46'7.22"N,  11°15'40.06"E                     Mappe: Google - Bing


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domenica 23 febbraio 2014

Dove guarda Dante

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Firenze, Piazza Santa Croce

La statua di Dante è stata spostata dal centro della Piazza dove era stata inizialmente a dove si trova adesso, a sinistra della facciata (probabilmente) in modo che non volti le spalle alla chiesa stessa. Il monumento dedicato al Sommo Poeta, di Enrico Pazzi, in marmo, fu eretto in occasione delle trionfali celebrazioni per il seicentenario della nascita  nel 1865 alla presenza di Re Vittorio Emanuele Inaugurata al centro della Piazza, venne in seguito spostata nel 1968, anche per permettere di nuovo le partite del calcio in costume.
Lo sguardo è diretto verso la Torre d'Arnolfo emblema e punto di riferimento della sua amata città trovandosi esso presso la la sede del Comune.

Coordinate:  43°46'7.75"N,  11°15'44.35"E                      Mappe: Google - Bing


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giovedì 20 febbraio 2014

Sotto gli archi, quasi 200 anni fa

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Firenze, Uffizi

Al centro del piazzale degli Uffizi guardando verso quell'arco centrale, in una preziosa cornice, i palazzi d'Oltrarno. Cosa hanno visto gli Uffizi due secoli or sono? proviamo a immaginare leggendo...

XI Le nozze dell'arciduca Leopoldo
Ferdinando III non nascondeva la sua contentezza per le nozze testé celebrate, che ponevano la figlia sua nella più antica famiglia regnante d'Europa, e che forse un giorno sarebbe stata chiamata a grandi destini, come poi avvenne. Ma egli non avrebbe mai supposto che alla figliuola diletta sarebbe toccata la gloria d'esser la madre del primo re d'Italia.

[nota: Maria Teresa (Vienna, 21 marzo 1801-Torino, 12 gennaio 1855), sposò nel 1817 Carlo Alberto di Savoia, futuro re di Sardegna]

Questa contentezza gli fece anche riflettere che era ormai tempo di pensare alla successione del trono di Toscana. Perciò, volendo raggiungere questo fine, stabilì di dar moglie al figliuolo arciduca Leopoldo, che aveva compiuto venti anni. 
....
Nell'intento dunque di effettuare il desiderato matrimonio, dopo intavolate le preliminari trattative diplomatiche, il Granduca inviò a Dresda nell'agosto 1817 il conte Alle undici, terminata la cena, i sovrani si ritirarono nei loro quartieri “contenti d'aver passata una sì lieta giornata, che farà epoca alla felice Toscana.” Lo dicevano loro, sarà stato vero!
Il giorno seguente, la sposa e la Corte si riposarono: e dovevano averne avuto bisogno. La sera però, andarono al teatro della Pergola, vagamente illuminato, dove agli sposi fu fatto un “triplice viva dal numeroso popolo ivi congregato, per ammirare i pregi della reale sovrana sposa.”
Dopo il ballo, fu servita la tavola nella retrostanza del palco di corte, e vi furono invitati i personaggi della sera precedente.
La mattina del 18 novembre furon fatte le presentazioni dei ciambellani, degli ufficiali delle guardie del corpo e degli anziani; quindi la sera alle 6, tutta la reale famiglia in tre carrozze a pariglia, accompagnata dalle cariche di corte, le dame, i ciambellani di servizio, si recarono alla festa data “dalla Comune di Firenze” sotto gli uffizi “per il basso popolo;” ed all'altra per “la nobiltà e cittadinanza” nelle stanze del Buon umore, annesse all'Accademia delle Belle Arti.
La festa popolare sotto gli Uffizi ebbe principio con l'inalzamento d'un globo aereostatico, e fuochi d'artifizio, che furono “secondati da altri graziosi scherzi di simile genere eseguiti sulla Piazza della Signoria.” Tutto il porticato del Vasari era illuminato “con fiaccole all'inglese” e l'architettura del cornicione “faceva vaga pompa con ricercata illuminazione a piccole padelle.”
In quattro sale interne degli Uffizi, riccamente parate, venivano ammesse a ballare le persone decentemente vestite ed in maschera. Nel mezzo del piazzale erano state collocate due orchestre, che alternativamente facevan ballare il pubblico fatto contento “rallegrandosi col ballo e con i lieti Viva che facevano eco alla riconoscenza” verso il munificente sovrano che in quella lieta circostanza aveva ordinate grandi distribuzioni di pane, “collazioni di doti, assegnazioni di letti, carne agli infermi, e una larga restituzione di pegni.” Una carità veramente benintesa, meglio che destinar somme, sia pure ragguardevoli e che spesso non raggiungono lo scopo: poiché, per il solito, i sussidii in danaro vanno sempre a quella specie d'abbonati alla beneficenza pubblica, e non son mai dati con giusto criterio alle persone veramente bisognose, vittime di una occulta e più tremenda miseria, che contrasta con la vergogna della povertà e col pudore di farla palese.... (da Firenze Vecchia di Giuseppe Conti)


Coordinate:   43°46'6.61"N,  11°15'20.07"E                     Mappe: Google - Bing


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lunedì 17 febbraio 2014

I Benvenuti di Via Torta

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Firenze, angolo Via dell'Anguillara Via Torta, Palazzo Benvenuti da Rondine

Stiamo percorrendo Via dell'Anguillara per andare in Piazza Santa Croce da Piazza San Firenze. Incrociamo Via Torta  (la via di Telemaco Signorini ià vista in un passato post), così chiamata per la la forma ellittica che riprende  il perimetro di quello che era l'anfiteatro romano, fuori le mura del 'quadrilatero romano'. Qui sorgeva l'anfiteatro, costruito nel secondo secolo  della nostra era, sfruttando le cui fondamenta sono stati eretti tutti questi palazzi all'epoca della grande espansione urbanistica della città medioevale. 
La costruzione, che vediamo sulla sinistra della foto, doveva assomigliare in origine ai palazzi  in pietra che si trovano in Piazza de' Peruzzi, anche se adesso è coperta quasi completamente da un intonaco anonimo, pietra che compare solo in piccole porzioni lasciate volutamente nude. Fin dalle origini il palazzo apparteneva alla famiglia dei Benvenuti, detti 'da Rondine' per la provenienza, venuti a Firenze dal castello omonimo posto in territorio aretino. Altro palazzo già visto nel nostro blog è questo, mentre l'illustre nome lo troviamo anche sui marmi del Duomo.
Sull'angolo, in alto è incastonato lo scudo con l’arme della famiglia Benvenuti, tre uccelli o rondini su fascia trasversale che separa due rose contrapposte appeso con nastri svolazzanti ad una mensola.


Lo stemma araldico policromo lo vediamo sotto su fondo rosso, alla banda d'oro caricata di tre uccelli posati di nero,  accostata da due rose d'oro.




Coordinate:  43°46'10.39"N,  11°15'34.87"E                      Mappe: Google - Bing


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venerdì 14 febbraio 2014

La Quarconia

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Firenze, Via del Canto di Quarconia

Una delle passioni, si può dire, innate, nei fiorentini è stato sempre il teatro. Avranno cenato magari con una fetta di salame e avranno bevuto acqua, ma il teatro, almeno la festa ci doveva entrare. I teatri più popolari erano quelli dove recitava lo Stenterello, la maschera inventata da Luigi Del Buono, nato nel 1751 e che prima faceva l'orologiaio. Questi teatri sono: la Piazza Vecchia, sulla piazza omonima in cima a Via del Melarancio ed oggi incorporato nel palazzo Carrega; il teatro Leopoldo o comunemente la Quarconia e il
Borgognissanti.
Il pubblico del Borgognissanti, per quanto fosse un teatro frequentato generalmente dal popolo, era meno rumoroso, meno chiassone e meno screanzato di quello chiamato Leopoldo o della Quarconia, dove si spendevano due crazie e dalle otto vi si faceva anche il tocco dopo la mezzanotte. La Quarconia era la Pergola dei beceri e delle ciane che vi andavano all'un'ora: e in quelle due ore dell'aspettare, a quel buio, poiché in tutto il teatro non c'eran che tre o quattro lumi a olio, Dio solo sa che cosa armeggiavano. Non sarà seguìto nulla di male, questo no; ma ogni poco si sentiva lassù “in piccionaia” un urlaccio, o trattar male qualcuno e nascer questioni provocate spesso da un manrovescio da lasciar l'impronta delle cinque dita sul viso. La maschera del teatro, con le gambe a sghembo, la lucerna tutta unta e una livrea da insudiciarsi soltanto a guardarla, accorreva qua e là per sedare il subbuglio, e far rispettare la legge: ma quando giungeva, tutto era quieto e nessuno fiatava. Qualche volta si sentiva soltanto il rumore d'un lattone sulla lucerna del rappresentante dell'ordine, che minacciava ira di Dio; e che, a sentirlo, se avesse potuto avrebbe fatta una bracciata di tutti e portati al Bargello. Se la maschera poi faceva un po' più il rogantino, e s'investiva troppo della sua posizione, quand'era in cima alla scala per tornare in platea, si sentiva arrivare un di quei pedatoni nel luogo che par proprio fatto apposta, e senza sapere chi si ringraziare si trovava in fondo alla scala tutto in un volo!
Alla Quarconia, quelle civilissime persone, usavano andare coi tegami dello stufato o dell'agnello, coi fiaschi di vino e col pane, perché così cenavano in teatro facendo l'ora dello spettacolo, e buttando gli ossi giù in platea a quegli altri signori delle panche che glieli ributtavano, con una filastrocca di titoli che dal padre e la madre andavano a ritrovare anche i parenti più lontani. Spesso volavan fiaschi vuoti su qualche testa pelata, facendo anche del male, al punto da dover chiamare il medico; e quando l'ambiente era così riscaldato, da loggia a loggia e da palco a palco, s'iniziava un cordialissimo scambio di mele, torsoli e palle di foglio che era un piacere. Si udivan pure gli annunzi di felici digestioni, con certi sospiri degni di quelle creature degli stabbioli di fuor di Porta alla Croce; e alla maschera che redarguiva quelli screanzati dicevan sul viso: - Per lei.... non è nulla, caro sor Aringhe! - e allora quel disgraziato a sbraitare e urlare finché poi non gli toccava a uscire; perché, chi gli girava la lucerna, chi gli tirava le falde e chi gli dava dietro nei ginocchi per fargli piegar le gambe, nei momenti in cui si dava importanza e si stizziva più che mai.
Quando finalmente alle otto compariva il gobbo Masoni in orchestra, e si accendevano quegli altri dieci o dodici lumi, allora era un pandemonio addirittura. Urli, fischi, applausi, tanto per far fracasso, in mezzo al quale si distingueva suscitando le più grandi risate, la nota acuta di qualcuno di quei soliti sospiri. E fosse finita lì!... Basta, non ne parliamo. Da Firenze Vecchia (1799-1859) -  Giuseppe Conti  (1847-1924) funzionario comunale, bibliotecario, archivista, storico, scrittore.



Coordinate:   43°46'14.34"N,  11°15'22.09"E                     Mappe: Google -  Bing


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mercoledì 12 febbraio 2014

L'arme di Leone XI

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Firenze, Piazza San Giovanni

Sull'angolo nord-est del Palazzo Arcivescovile di Piazza San Giovanni vediamo in alto un poderoso, policromo, enorme stemma. E' quello di Leone XI, pronipote del grande papa Medici, Leone X, che fu nominato arcivescovo di Firenze nel 1574, cardinale nel 1583 ed eletto papa nel 1605, morendo però dopo qualche settimana di pontificato.  Qui è ricordato per aver fatto restaurare l'Arcivescovato. All'altro angolo, quello sud-est abbiamo già visto precedentemente un altro stemma.


 

 ".. l'arme dei Medici fu sempre composta di palle rosse intinte nello scudo dorato; ma Cosimo il Vecchio, oltre l'arme usò l'impresa di un anello con punta di diamante e due penne; Lorenzo il Magnifico adottò la impresa dell'avo aggiungendovi una terza penna col motto - Semper,- Leone XI assunse l'impresa di un mazzetto di rose col motto - Sic florui - ... " ( da Marietta de' Ricci, ovvero Firenze al tempo dell'assedio racconto storico di Agostino Ademollo  ) 

LEONI XI P.M.
OB MERITA IN ECC.
FLOR.QVAM XXXII
AN.REXIT ET HAS
AED.RESTITVTAS

SIC FLORUI





La torretta di palazzo Ceci e Rossi



Coordinate:  43°46'23.97"N,  11°15'16.10"E                      Mappe: Google - Bing


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domenica 9 febbraio 2014

San Lorenzo senza bancarelle

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Firenze, San Lorenzo

Il mercato di San Lorenzo senza il mercato e senza le bancarelle  in una domenica umida invernale, visto da Via del Canto de' Nelli con a sinistra la basilica di  San Lorenzo .

Coordinate: 43°46'29.08"N, 11°15'17.48"E                       Mappe: Google - Bing




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venerdì 7 febbraio 2014

Quando il cielo è sereno

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Firenze, Ponte Vecchio


Un'altra inquadratura del Ponte Vecchio tra uno scroscio d'acqua e l'altro.


Coordinate:  43°46'4.91"N,  11°15'11.18"E                   Mappe: Google - Bing



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mercoledì 5 febbraio 2014

Spunta la torre d'Arnolfo

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Firenze, Piazza Santa Croce

Non è una scoperta, il cielo traspare di un profondo, intenso colore blu anche d'inverno quando la luce è più 'chiara' tanto da far comparire nettamente, tra due palazzi  in fondo a  Piazza Santa Croce, nel solco di Borgo de' Greci, l'emblematica, elegante,  forma allungata  della Torre d'Arnolfo. Le pozze rilanciano riflessi blu del colore della volta (davvero) celeste.
A sinistra vediamo Palazzo Antella, poi, sponstandoci verso destra, Palazzo Bartolini Baldelli, Casa Chiavacci, Palazzo Cocchi-Serristori, ed infine Palazzo Bartolini Salimbeni.  

Coordinate:  43°46'7.21"N,  11°15'39.96"E                      Mappe: Google - Bing



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domenica 2 febbraio 2014

Agli angoli di Orsanmichele



Firenze, Chiesa di Orsanmichele

L'altro giorno abbiamo visto le otto spighe scolpite sull'angolo sud ovest di Orsanmichele. Oggi completiamo la rassegna fotografica andando ad individuare quello che è rimasto nei tre restanti angoli della chiesa. Qualche decennio o qualche secolo fa, in corrispondenza dei quattro pilastri angolari esterni della chiesa, avremmo  potuto vedere delle immagini scolpite in bassorilievo, simboliche rappresentazioni della destinazione originaria dell'edificio quale loggia del mercato del grano e altre vettovaglie, edificio progettato da Arnolfo di Cambio realizzato tra il 1284-90. Alcuni bassorilievi sono stati corrosi dal tempo e niente è rimasto come vediamo in questa immagine (la prima, sotto) all'angolo sud est forse a causa degli sbalzi di temperatura e degli elementi meteorologici che li hanno logorati più velocemente.


Dei bassorilievi  agli altri angoli si riesce ancora a vedere qualcosa. Qui vediamo l'angolo a nord ovest


qui l'angolo a sul ovest

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La migliore conservazione la vediamo sull'angolo sud ovest di Orsanmichele in via de' Calzaiuoli. dove sono ancora ben evidenti le sottili, lunghe, dritte ed eleganti spighe di grano colpite in numero di otto ad un metro di altezza circa alla base dalla colonnina.


Coordinate:  43°46'14.77"N,  11°15'18.93"E                      Mappe: Google - Bing


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