Firenze, Via de' Pepi, Piazza Santa Croce
Le Sirene cantavano ai naviganti, ricorderete il mito di Ulisse che volle ascoltare il loro melodioso richiamo senza pagarne le tragiche conseguenze. Chi mai avrebbe intonato una cantilena, una solfa, una tiritera, uno stornello o un canto... alle mosche. Alle mosche? Nessuno. Infatti è un fraintendimento. Il 'Canto alle Mosche' non è una litania particolare ma un angolo di Firenze, canto sta per cantonata, l'angolo che viene a formarsi tra due strade, anzi una strada e una piazza in un palazzo cinquecentesco, Casa Benvenuti Galletti. Tra Via de' Pepi e Piazza Santa Croce. Da dove nasca quel nome tanto strano non è ben chiaro. C'è chi dice che nasca dalla presenza costante del noioso svolazzante insetto che una volta infestava in modo particolare la zona e c'è chi afferma nascere da un'insegna di una locanda presente lì nei pressi o uno stemma araldico da 'sfottere' conoscendo i fiorentini e la la loro antica dimestichezza nel giocare coi nomi e affibbiare soprannomi anche irriverenti, talvolta. Non mi meraviglierei che le mosche altro non siano che le api dello stemma gentilizio dei Barberini. Lo stemma può essere così
descritto: Arma d'azzurro a tre api montanti d'oro. Un Barberini fu appunto Urbano VIII, nato a Firenze 1568, eletto al soglio pontificio nel 1623 (morto
il 29 luglio 1644) uomo di vasta cultura umanistica, famoso
soprattutto anche per il noto processo di condanna contro Galileo Galilei. Proprio Urbano VIII
scelse le tre api, come simbolo di operosità, in sostituzione di altrettanti tafani (mosche), antichi simboli
araldici della sua famiglia di origine, si
chiamavano Tafani da Barberino ed avevano un palazzo che ora si trova
in Borgo de' Greci, 20. Niente vieta supporre che anche al presso l'odierno Canto alle Mosche non vi fosse un emblema araldico dei Barberini.
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