Firenze, Piazza della Repubblica
L'Arcone di Piazza della Repubblica si trova dove una volta, prima di Firenze Capitale, c'era il Mercato Vecchio e il Ghetto e dove ancor prima c'era il Foro Romano, il Campidoglio i cui materiali servirono per le costruzioni successive dei palazzi del XIII secolo. Probabilmente le pietre cavate e lavorate dai romani che fondarono a Firenze una colonia sono quelle che servirono per i palazzi e le fondamenta delle torri. Parecchie fra le famiglie più illustri per nobiltà e altezza di lignaggio, più potenti per ricchezza di possessi o per importanza di mercatura, più autorevoli per numero di aderenze o per eccellenza di uomini, avevano palagi, torri, logge, coni, in questa località che formò il primo nucleo della città del XIII secolo. Talune di queste famiglie erano discese da Fiesole ab antiquo, altre, abbandonati i turriti e cupi manieri sparsi sulle vette de' monti del contado, s' erano condotte a Firenze per dividere cogli antichi abitatori e diritti e doveri.
Da Fiesole vennero a costruire sugli spazi del vecchio Foro Romano e ad
abitare gli Arrigucci padroni e difensori
fin da' secoli più lontani del vescovado di Fiesole, i Filitieri che si dissero dipoi Catellini aggiungendo al cognome il nome del più
importante dei loro castelli, Castiglione, che sorge alle pendici di Monte Morello. Dai gioghi
del Casentino e della Romagna dov'ebbero signoria feudale, dove possedettero innumerevoli
castelli, scesero gli Ubaldini ed alcune delle case loro eressero lì da S. Maria in Campidoglio accanto ai
palagi sontuosi, alle torri dei Brunelleschi, antichissimi abitatori di Firenze e signori del
castello della Petraja. Palagi di mirabile ricchezza, torri, case,
logge, eressero le famiglie della celebre consorteria dei Bisdomini e
particolarmente i Tosinghi e i Della Tosa. Anche dei Figlineldi
appartenenti all' altra consorterìa de' Figiovanni e de' Ferrantini
sorsero qui le solide case e con loro altre ne inalzarono, i
Rodighieri, i Renovandi, i Pecori, i Della Pressa, i Medici, gli Ardimanni,
i Boni, tutte famiglie potenti e di molta riputazione nei tempi della repubblica.
Lo splendore e la ricchezza non
continuano lungamente ad aver sede in questo luogo, centro di famiglie nobili e fastose.
Nel XIV secolo siamo già in piena decadenza. Molte case annesse ai
palagi non servono più agli usi delle famiglie che di codesti palagi
erano padrone, nè per abitazioni di servi e vengono appigionale; le
antiche corti che si aprivano in mezzo alle abitazioni di ognuna di
quelle famiglie e servivano a feste e a radunanze, divengono piazze
con botteghe e banchi ; nei vicoli interni si stabiliscono delle
osterie ed anche dei luoghi di male affare; le traccie dell'antico
splendore si affievoliscono e scompaiono a poco alla volta. E le
ragioni sono molte e facili a comprendersi. Le famiglie che avevano
già una potenza quasi principesca si dividono, decadono,
impoveriscono addirittura, nè possono più mantenere il fasto e la
magnificenza primitiva; altre trovano che l'abitare una località
sottoposta alle emanazioni poco grate del Mercato, prossimo troppo a
luoghi chiassosi e sconci, non è la cosa più comoda e piacevole,
sicché stabiliscono altrove la loro dimora.
Già ai primi del 1400 si rileva che
qui abitavano soltanto alcuni dei Della Tosa assai decaduti dall' antica grandezza; altri dei
Rrunelleschi ridotti in fortuna meno che modesta, alcuni dei Pecori e basta. Tutte le altre famiglie
erano estinte, scomparse, trasferite altrove, per dar luogo ad una popolazione nuova di mercanti, di
trecconi, di facchini del mercato, di pollaioli, di meretrici. Le osterie, i luoghi di male affare
favorirono poi le riunioni di gente chiassosa, di vagabondi, di malanni che si trattenevano là
notte e giorno a farne d'ogni colore. Aggiungasi che là facevano poi capo anche i soldati delle
compagnie di ventura, quelli che seguivano i principi e gli ambasciatori di passaggio e in missone a
Firenze, talché spesso e volentieri succedevano colà scene di
violenza e di scandalo.
Che gente abitasse colà e quali
episodi vi si svolgessero, può mostrarlo la seguente denunzia testuale che Jacopo di Bernardo d'
Alamanno De' Medici, uno dei poco fortunati possessori di case in
questa località faceva nel 1498 e che trovasi registrata nel
campione del gonfalone Drago S. Giovanni. I fatti ai quali si accenna
in tale denunzia singolarissima per forma e per stile, si riferiscono
all'epoca in cui trovavasi a Firenze coi suoi soldati francesi Carlo
VIII.
Ecco il documento:
« Sustanzie.
«Un albergo ad uso di meretrice e tre
botteghe ad uso di meretrice chon una casetta sulla piazza del
Frascato. Le quali case e botteghe si suolevano appigionare tutte
chon detto Albergo e al presente poche non si trova senone ladri e
ribaldi che le voglino torre a pigione e quando le togliessino se ne
andrebbono chon Dio e cholle masserizie e cholla pigione come ano
fatto molti altri ne tempi passati. Il presente si fà governare per
un artefice e rendemi L. 36 al mese ne temporali buoni e utimamente i
franciosi marsano lettiere, presano e imbolarono la più parte delle
lenzuole. »
E' strano il documento, ma è
efficacissimo per dare un idea della razza di abitatori e di
frequentatori di questa località, la quale, come dirò dopo, si
suoleva chiamare in gran parte il Frascato dal nome di una piazza e
di una celebre osteria che qui si trovava.
E non basta.
Il nome di Piazza
del Postribolo col quale era indicata una piazzola interna, perché
qui fu istituito il primo locale di questo genere, i luoghi destinati
allo stesso uso esistenti nel Frascato e nel chiasso di Malacucina, i
magazzini dei pollaioli situati in diversi vicoli interni, alcune
scuole di ballare... d'infima specie, tre o quattro osterie, la
contiguità col mercato ed un numero infinito di ricordi che si
riscontrano negli archivi di varj magistrati preposti alla
tranquillità ed alla morale pubblica, dipingono a colori ben
distinti lo stato disgraziatissimo in cui la parte interna
specialmente di quest' ampio quadrato era ridotta nel secolo XV.
Si capisce quindi
facilmente come mai delle storiche famiglie antiche abitatrici di questa località non restassero più nel secolo successivo che
le memorie.
Su per giù, si può
affermare che le condizioni in cui trovavasi allora il Frascato,
chiamandolo così perché così era generalmente chiamato tutto quel
ceppo dì case, non erano migliori di quelle in cui si trovava il
Ghetto negli ultimi tempi, quando ne fu deliberato ed effettuato lo
sgombero.In corsivo estratti da "Il ghetto di Firenze e i suoi ricordi illustrazione storica" di Guido Carocci edito nel 1886
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